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Un Pd senza alleati che punta su Europa e fisco

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Un Pd senza alleati che punta su Europa e fisco

  • –Emilia Patta

«Le alleanze che ci interessano sono quelle sui contenuti, con le elettrici e gli elettori del nostro Paese, in modo da unire le quattro grandi fratture che ancora attraversano la società italiana: sociale, territoriale, generazionale e di genere». Politicamente è tutto qui il cuore della proposta di Matteo Renzi, che ieri ha reso pubblica la sua mozione congressuale in vista delle primarie del 30 aprile: il Pd, nato sull’intuizione maggioritaria di Veltroni, rimarca l’imprinting originario pur in un quadro complessivo obiettivamente più frammentato.

«Al momento le regole con cui voteremo non sono ancora chiare - è scritto nel documento di 41 pagine intitolato “Avanti, insieme” -. Però ci preme fin d’ora affermare due punti. Primo: il Pd non deve rassegnarsi al piano inclinato che, dopo l’esito del referendum del 4 dicembre, spinge verso la democrazia consociativa, quella per cui si decide tutto dopo il voto in una stanza dove si riuniscono i segretari di partiti grandi e piccoli. Per questo motivo il Pd deve fare tutto il possibile per introdurre correttivi maggioritari alla legge elettorale, ispirandosi ai principi dell’Italicum e del Mattarellum. Secondo: per noi prima delle regole viene la coerenza programmatica. Chi parla di alleanze elettorali prima di parlare di alleanze sociali, proposte e identità inverte l’ordine dei fattori». Insomma, per Renzi il Pd deve continuare a parlare al Paese con l’ambizione di governare senza alleati. Poi magari non andrà come sperato - ammette lo stesso Renzi pensando alla soglia del 40% al di sopra della quale scatta alla Camera il premio di maggioranza secondo l’attuale legge “scritta” dalla Consulta - e allora si andrà a cercare il consenso in Parlamento sulla base del programma. Certo, in mancanza di una legge elettorale che produca un vincitore sicuro l’alta probabilità che le prossime elezioni finiscano con un governo di larghe intese rende evanescente il principio secondo il quale «la leadership che si propone per il governo del Paese deve essere la stessa che guida il partito». E non a caso la separazione delle figure segretario-premier è caldeggiata dai competitor di Renzi alle primarie Orlando ed Emiliano. Per altro lo stesso Renzi valuta la possibilità, se il Pd dovesse restare molto al di sotto di “quota 40”, di non riproporsi alla guida del prossimo governo. Restando comunque al centro della scena politica come segretario del partito.

Ma questi sono appunto scenari per il dopo: prima occorre fare una proposta che parli a tutto il Paese. Al centro il futuro dell’Europa, con Italia Francia e Germania cuore pulsante e politicamente integrato di una Ue a due velocità: si propone un modello federale, con un bilancio comune da gestire, e l’elezione diretta del presidente della Commissione Ue (con annesse primarie per la scelta del candidato). Quanto alla proposta economica, la mozione di Renzi contiene tra le novità il cosiddetto «lavoro di cittadinanza» (politiche attive del lavoro, in sostanza, da contrapporre alla visione più assistenzialistica del reddito di cittadinanza) e una sorta di riforma del fisco con due obiettivi: continuare sulla strada della riduzione del cuneo fiscale sul lavoro privilegiando giovani e donne; introdurre «forme di doppia progressività in base non solo al reddito ma anche all’età anagrafica riducendo il carico fiscale sui giovani».

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