Marco Marazzi, avvocato esperto in operazioni cross border, ha contribuito all'elaborazione dell'ultimo Report di Baker&Mackenzie sugli investimenti cinesi nel 2016, con un occhio particolare all'Europa e all'Italia.
Avvocato Marazzi, secondo il vostro Report, nel 2016 sono raddoppiati gli investimenti cinesi in Europa (46 miliardi di dollari) mentre in Italia si sono attestati sui 1,2 miliardi con un calo dell'85% rispetto al 2015: Germania (12,1 miliardi), Regno Unito $9,9 miliardi) e Finlandia (7,6 miliardi) sono state le principali destinazioni europee. Che succederà nel 2017?
Il trend di crescita degli investimenti cinesi all'estero continuerà perché le aziende sono spinte da uno scenario economico interno complesso ad espandersi oltre confine attraverso operazioni crossborder. In questo senso l'Europa e il Nord America sono tra le aree più interessanti. Del resto il Presidente cinese Xi Jinping ha strenuamente difeso i benefici derivanti da una maggiore integrazione economica e dal libero commercio al World Economic Forum di Davos indicando alla imprese cinesi la strada da seguire per diventare globali.
Il numero delle operazioni in corso fa presagire che anche il 2017 potrebbe essere un altro anno importante per gli investimenti cinesi all'estero, nonostante gli ostacoli di tipo normativo introdotti di recente.
Le autorità cinesi negli ultimi mesi del 2016 hanno informalmente aumentato i controlli nei confronti degli investimenti all'estero a causa della possibile svalutazione del renminbi, il che potrebbe spingere alcune aziende ad aumentare gli investimenti esteri per portare i capitali fuori dalla Cina. Nel breve termine i maggiori controlli hanno rallentato i flussi perché molte operazioni, in particolare nel real estate e nella finanza, sono state messe sotto la lente dalle autorità. Questi controlli potrebbero creare qualche ostacolo e allungare i tempi delle operazioni, ma non muteranno il trend generale di crescita degli investimenti esteri cinesi.
Quanto conterà il protezionismo di matrice Nord Americana?
Sia in Nord America sia in Europa le autorità sono intervenute per bloccare diverse operazioni di acquisizione di importanti tecnologie da parte degli investitori cinesi per motivi di sicurezza nazionale. In questo senso negli Stati Uniti è intervenuto più volte il Committee on Foreign Investment in the United States (CFIUS). In generale, un'opinione pubblica in Nord America e in alcuni Paesi europei che tende a criticare alcuni aspetti della globalizzazione potrà influenzare le priorità nelle politiche industriali ed economiche di questi paesi. Ma la pipeline di investimenti cinesi nei due Continenti è ancora rilevante, nel 2017 è possibile un calo dell'attività d'investimento a causa sia di misure provvisorie adottate in Cina per rallentare i flussi di capitali in uscita, sia di un irrigidimento negli Stati Uniti e in Europa nei confronti di investimenti in settori considerati strategici.
Il 2016 è stato anche l'anno in cui 30 operazioni per un valore totale di circa 74 miliardi di dollari sono state annullate nel corso dell'anno.
In particolare, sono 20 le operazioni cancellate in Europa per un valore di $15,5 miliardi e 10 negli Stati Uniti per un valore di $59 miliardi. Anche se il 2017 si prospetta come un altro anno di forte crescita perché sono previsti i closing di diverse operazioni bisogna evidenziare che il numero di nuove acquisizioni cinesi annunciate in Europa e in Nord America è calato rispetto a un eccezionale primo semestre del 2016.
Nel 2016 i due paesi europei che hanno attratto più investimenti dalla Cina sono stati la Germania ($12,1 miliardi) e il Regno Unito ($9,9 miliardi), che insieme corrispondono al 46% degli investimenti totali cinesi in Europa. Non siamo in grado di giudicare l'impatto della Brexit, ma la Svizzera, ad esempio, avrebbe potuto puntare al primato nella classifica degli investimenti cinesi se il closing dell'operazione di acquisizione di Syngenta da parte di ChemChina non fosse stato rimandato per motivi autorizzativi.
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