LONDRA – Se per Londra «questo non è proprio il momento», per Edimburgo sembra fin troppo tardi. Mentre scatta l’ora della Brexit con l’attivazione formale dell’articolo 50, a Holyrood il Parlamento scozzese a maggioranza nazionalista ha votato l’organizzazione di un nuovo referendum sulla secessione dal Regno Unito. La prima risposta del governo britannico, con cui Edimburgo dovrebbe negoziare il referendum, è un “no” secco: non si inizierà neppure a negoziare. «Sarebbe ingiusto verso il popolo scozzese - fa sapere Downing Street - chiedere di prendere una decisione cruciale senza le informazioni necessarie sul nostro futuro rapporto con l’Europa, o su come apparirebbe una Scozia indipendente».
Ma quello di Holyrood era uno sviluppo atteso, anticipato come è stato da mesi da voci mai smentite e infine confermate da Nicola Sturgeon, first minister di Scozia per i vessilli dello Scottish national party. Spetta però al governo di Downing Street dare l’approvazione finale, e la signora premier Theresa May in visita in Scozia già nei giorni scorsi era stata laconica. «Ora non è il momento», aveva avvertito gli abitanti delle terre oltre il Vallo e la stessa Nicola Sturgeon nel corso di un colloquio che deve aver conosciuto istanti di alta tensione.
La first minister infatti aveva commentato con poche ma chiare parole la resistenza di Londra. «Non vogliono sentire...», aveva detto, ricordando che un no inglese alle voglie scozzesi sarebbe stata una mossa profondamente antidemocratica. «Quando l'articolo 50 è avviato – ha detto ieri in Parlamento Nicola Sturgeon – il cambio per il nostro Paese diverrà inevitabile... Ci sarà un impatto su commercio, investimenti, standard di vita, sulla natura stessa della nostra società». Ha arringato i suoi e ha portato a casa un “sì” al referendum piuttosto solido: 69 voti a favore, 59 contrari.
Ora comincerà il braccio di ferro con Londra per spingere la Scozia alle urne prima dell’uscita formale della Gran Bretagna dalla Ue. Un percorso in salita, ma l’umore in lowlands e highlands è cambiato dal 2014, quando il referendum sulla secessione dal Regno Unito si concluse con il 55% di contrari e il 45% di favorevoli. A mutare il quadro è stata ovviamente la Brexit. La Scozia s'è espressa contro il divorzio anglo-europeo con numeri netti (62% favorevoli a restare nell’Unione) e non accetta che a spingerla fuori sia ora l’Inghilterra. Un antico confronto si illumina sullo sfondo di un Regno al bivio della storia.
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