Il Giappone e' ormai alla piena occupazione, ma il crescente irrigidimento del mercato del lavoro non si traduce ancora in spinte concrete per un rialzo dei salari che contribuisca a spronare l'inflazione.
Il tasso di disoccupazione e' sceso dal 3% di gennaio al 2,8% a febbraio, il minimo da 22 anni. La disponibilità di posti rispetto alla domanda si e' confermata al favorevole rapporto di 1,43: si sono dunque 143 posizioni disponibili per ogni 100 richieste. Una situazione altrove molto invidiabile, anche se non e' tutto oro quello che luccica: sono in gioco dinamiche come il pensionamento di massa dei baby boomers, la scarsa immigrazione, la diffusione del lavoro temporaneo. Il numero di lavoratori e' sceso dello 0,3% a 64,83 milioni, con 1,9 milioni di disoccupati. I negoziati in corso tra sindacati e grandi aziende si stanno avviando alla conclusione con una prospettiva di incrementi salariali inferiori a quelli concessi l'anno scorso, in quanto le imprese sono riluttanti ad allargare i cordoni della borsa di fronte alle percepite incertezze degli scenari di mercato (comprese rinnovate tendenze protezionistiche).
Oggi sono stati resi noti anche i dati sulla produzione industriale a febbraio, aumentata del 2% (il ritmo più' veloce in otto mesi) rispetto al mese precedente, trainata da auto, macchinari e prodotti chimici.
I consumatori, pero', restano riluttanti a spendere: la spesa delle famiglie e' diminuita del 3,8% rispetto a un anno prima. Tuttavia i prezzi al consumo “core” (che escludono gli alimentari freschi) sono riusciti a salire: +0,2% rispetto a un anno prima, dopo il +0,1% di gennaio che aveva rappresentato il primo incremento in 13 mesi. Includendo gli alimentari freschi, l'inflazione e' salita dello 0,3%. Il “core core” Price Index (che esclude anche l'energia) risulta in aumento solo dello 0,1% per cento a febbraio, nonché in calo dello 0,2% per quanto riguarda a marzo l'area metropolitana di Tokyo (che tende ad anticipare il trend nazionale). Si tratta di valori ancora ben distanti dall'obiettivo del 2% inseguito dalla Banca del Giappone. Il miglioramento, del resto, e' legato soprattutto a una ripresa delle quotazioni petrolifere e a un cambio più basso dello yen che ha dato una spinta ai prezzi all'import: la domanda domestica resta fiacca e poco significativa nell'agevolare il sospirato arrivo di spinte inflazionistiche.
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