L’attacco americano di stanotte in Siria ha cambiato tutto in poche ore. I 59 missili contro la base siriana ricompattano Stati Uniti, Francia, Germania e Gran Bretagna. La risposta di Washington al raid chimico del 4 aprile attribuito al regime del presidente Assad cambia il gioco e la scena. Riappare l’asse franco-tedesco, arriva il chiaro sostegno della Gran Bretagna, l’Unione europea considera legittimo l’intervento di Trump (qui il tweet del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk).
US strikes show needed resolve against barbaric chemical attacks. EU will work with the US to end brutality in Syria.
– Donald Tusk(eucopresident)
È la prima volta dall’elezione e dall’insediamento che Trump ha l’appoggio dei leader europei tutti preventivamente informati dell’attacco come anche il Cremlino. Potrebbe essere l’inizio di una nuova fase dopo il freddo tra Merkel e Trump nello Studio Ovale, il formale avvio di Brexit il 29 marzo, la guerra di parole fra The Donald e Bruxelles.
Trump interviene nella sporca guerra siriana che ha devastato un Paese, ha creato una catastrofe umanitaria paragonabile alle tragedie della seconda guerra mondiale e causato il flusso di migranti che ha destabilizzato un’Europa già in crisi.
L’attacco di stanotte ha provocato 15 vittime: 6 soldati della base e 9 civili fra cui quattro bambini. La guerra civile siriana che continua da marzo 2011 non fornisce cifre da tempo: nel 2014 l’Onu ha smesso di contare i morti; per convenzione con pigrizia e rassegnazione si è iniziato a scrivere «più di 250mila vittime» ma solo per dare un’idea del massacro lungo sei anni.
L’appoggio delle cancellerie europee
Stamane il presidente Francois Hollande e la cancelliera Angela Merkel hanno scelto la nota congiunta: «su Assad pesa l'intera responsabilità» del raid, scrivono. «Francia e Germania proseguiranno gli sforzi con i loro partner all’interno dell’Onu (dove Putin ha bloccato una risoluzione ndr) per sanzionare in modo più appropriato gli atti criminali e l’uso di armi chimiche vietate dai trattati».
Con il premier Theresa May da poco ospite del re saudita, storico nemico della famiglia Assad e dell’Iran che lo appoggia, il governo britannico parla attraverso il ministro della Difesa Michael Fallon «un attacco molto limitato e appropriato» dice, e conferma stretti contatti «a tutti i livelli» con Washington nella fase di attacco.
Europa e America ritrovano almeno per un giorno la sintonia perduta mentre Putin si ritrova solo a contare i missili a bersaglio - 23 su 59 secondo la Difesa russa - in attesa di una sponda iraniana.
Sia il premier canadese Trudeau, la risposta europeista e globalista alle minacce isolazioniste di Trump, sia Jens Stoltenberg, segretario generale di quella Nato tanto bistrattata dal primo Donald, si riallineano a Washington: «il regime siriano ha la piena responsabilità per questo sviluppo», dice Stoltenberg, l'Alleanza «considera l'uso di armi chimiche una minaccia alla pace e sicurezza nternazionali». Perfino il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, critico con Trump, approva l’intervento. «Juncker è stato inequivocabile nel condannare l'uso delle armi chimiche e sul fatto che il ripetuto uso delle stesse doveva avere una risposta» dice la sua portavoce.
Il governo cinese da tempo spettatore interessato ai drammi mediorientali è nella situazione più delicata, è l’unico in queste ore a usare parole e toni della vecchia diplomazia resi obsoleti dai tempi e da Trump. Non foss’altro perché il presidente cinese Xi Jinping è ora seduto a tavola con il presidente e Melania in Florida. Tocca dunque a un portavoce del ministero degli esteri a Pechino auspicare « una soluzione politica quantomai urgente» e invitare «le parti a mantenere la calma ed evitare escalation».
Mosca evoca il fantasma iracheno
Con consumata esperienza il capo della diplomazia russa Lavrov paragona l’attacco americano all’invasione in Iraq nel 2003, ciò che più aizza gli animi in Occidente e nel mondo arabo. I 59 missili di stanotte «sono un atto di aggressione con un pretesto assolutamente inventato» dice colui che di fatto è il numero due di Putin: «ricorda la situazione del 2003, quando gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, con alcuni loro alleati, hanno invaso l’Iraq». Putin fa dire al suo portavoce di essere preoccupato mentre un consigliere politico di Assad promette «una risposta appropriata a questa aggressione» sottolineando che la Siria agirà «con i suoi alleati».
Dalla Florida intanto arrivano le poco rassicuranti parole del segretario di Stato Rex Tillerson, l’ex presidente di ExxonMobil che doveva essere l’uomo della riappacificazione tra Putin e l’America dopo gli anni difficili con Obama. Dal tweet qui in basso sembra che la distensione Usa-Russia non sia cosa immediata. «La Russia è stata complice o incapace» di impedire l’uso di armi chimiche da parte del governo siriano, dice Tillerson dopo un incontro con il generale McMaster, il consigliere della Sicurezza Nazionale e vero artifice di questo cambio di scena. Si vedrà cosa succederà quando il segretario di Stato volerà a Mosca il 12 aprile.
Rex Tillerson has harsh words for Russia on Syria: "Either Russia has been complicit or … simply incompetent."… https://twitter.com/i/web/status/850286131681931264
– ABC News(ABC)
Applausi dalla Turchia
Scontata la reazione turca. Il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, dice che «deve essere stabilito un governo di transizione senza Assad che deve essere rimosso il più presto possibile». Il presidente Erdogan spera che «l’operazione sia solo l’inizio», invoca la sicurezza dei bambini «brutalmente massacrati» ma negli anni ha avuto troppi ruoli nella tragedia siriana - traffici con l’Isis, guerra ai curdi, cinica gestione dei migranti ammassati ai confini - per essere minimamente credibile.
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