Quando, a fine agosto dell’anno scorso, si dimise da ministro dell’Economia per candidarsi alla presidenza della Repubblica, furono in molti a dire che non sarebbe andato lontano. Che di fenomeni politici effimeri era piena la storia. Che conquistare l’Eliseo da indipendente, senza avere alle spalle un partito, era impensabile. Che nella Francia del bipolarismo non c’era spazio per un centrista. Che, a 39 anni, era troppo giovane. Che gli mancava l’esperienza, non avendo mai partecipato neppure a un’elezione. Che i francesi dichiarano di volere volti nuovi, ma poi scelgono i soliti noti.
Meno di otto mesi dopo, Emmanuel Macron è in testa ai sondaggi per il primo turno, il 23 aprile, alla pari con Marine Le Pen. E largamente favorito al ballottaggio del 7 maggio.
Certo, l’ex banchiere d’affari è stato aiutato dalla vittoria di Benoît Hamon alle primarie socialiste, che ha spinto verso di lui i riformisti del Ps. E dalle disavventure di François Fillon, che gli hanno assicurato i consensi di una parte dei moderati della destra. Ma ha indubbiamente avuto la capacità di capire che c’era uno spazio politico libero ed è andato a occuparlo, con un programma certo non privo di difetti ma di credibile modernizzazione del Paese.
A una settimana dal voto, Macron ha accettato di rispondere ad alcune domande de “Il Sole 24 Ore”.
Con quattro candidati in una manciata di punti tutto può ancora accadere, ma secondo i sondaggi è probabile che Lei sarà il prossimo presidente della Repubblica. Come spiega il successo della sua iniziativa politica? Per di più in un Paese con una solida tradizione di bipolarismo, dove il centrismo – con la sua inevitabile componente di ambiguità – non ha mai avuto molta fortuna?
Continuo a essere prudente rispetto all’esito del voto, ma sicuramente sono molto determinato. In queste elezioni sono il challenger: il solo a non essere espressione del sistema politico, con un movimento creato appena un anno fa, quando i miei avversari guidano partiti radicati e sono in politica da almeno 20 anni. È proprio questa aspirazione al cambiamento, al rinnovamento, che voglio portare al potere. I partiti si sono logorati nel riunire dei professionisti della politica che non hanno più nulla in comune se non le loro carriere. Guardi il Partito socialista o i Républicains: sull’Europa, sulla questione del lavoro, sulla sicurezza, su tutti i temi essenziali per il Paese, i loro leader sono profondamente divisi. Io propongo di riunire i progressisti, quelli che hanno delle storie politiche diverse e quelli che per la prima volta si impegnano in politica. Tutti quelli che condividono la volontà di riformare il Paese, con un comune obiettivo di efficacia e di giustizia, di libertà e di protezione. Uniti da una profonda convinzione europea. Anche questo ci distingue da tutti gli altri.
A causa del suo passato di banchiere d’affari, sono in molti a mettere in dubbio la sua indipendenza rispetto alle lobby finanziarie. Come reagisce a questi timori?
Si tratta di un processo alle intenzioni stupefacente. E la dice lunga sul sospetto diffuso nei confronti dei dirigenti politici. Anche questo depone a favore della necessità di un completo rinnovamento. Sono il solo candidato che non fa campagna essendo pagato dal cittadino-contribuente per esercitare un mandato elettivo. Tutti gli altri sono deputati nazionali o europei. Ho creato il solo movimento politico che non riceve alcuna sovvenzione pubblica, che vive unicamente delle offerte dei suoi aderenti o simpatizzanti, metà delle quali inferiore a 50 euro. Nessuna offerta, per legge, può essere superiore a 7.500 euro, né provenire da una società. Dov’è, in tutto questo, la dipendenza da interessi privati? Si tratta, al contrario, della prima vera campagna civica, di cittadinanza, della nostra storia politica.
La sua età è un altro elemento che crea una certa diffidenza. Lei sarebbe di gran lunga il più giovane presidente di sempre.
In Italia, tre anni fa, Matteo Renzi è diventato presidente del Consiglio a 39 anni, cioè proprio alla mia età. E ovunque in Europa è stato accolto positivamente il soffio di freschezza rappresentato dal suo arrivo. Non faccio della mia età un tema della campagna, voglio essere giudicato sulla base della visione di cui sono portatore, del rinnovamento che propongo, del progetto che difendo. Nel contempo non ritengo che un’età più avanzata sia garanzia di competenza e onestà.
E alle osservazioni sulla sua mancanza di esperienza, visto che non ha mai partecipato a un’elezione, come risponde?
Sono stato ministro per due anni, ho promosso una riforma importante della nostra economia, credo di aver agito in maniera utile. Ho una significativa esperienza nel settore privato, quando nessuno dei miei avversari ha mai fatto un lavoro diverso dalla politica. Mi presento oggi all’appuntamento con un’elezione essenziale, in un momento in cui tutto cambia, tutto evolve, tranne la classe politica. E chiedo appunto ai francesi di decidere in base al mio progetto di rinnovamento e di riforma. Sono pronto e determinato a convincere i francesi che una vera alternativa è possibile.
In estrema sintesi ma anche molto concretamente, quali sono le sue ricette per rimettere ordine nei conti pubblici francesi?
Anche su questo punto, credo che si debba cambiare l’approccio, senza limitarsi a sventolare dei numeri e tracciare un percorso tra il disastro e l’austerità. La mia linea è quella della preparazione del futuro. Diminuendo certo il peso del debito e quindi facendo dei risparmi: 60 miliardi di spesa pubblica in meno entro il 2022. Stimolando il potere d’acquisto e il lavoro con il calo di tasse e contributi: 10 miliardi in meno per le imprese e altrettanti per le famiglie. Investendo infine – 50 miliardi in cinque anni – su alcune priorità essenziali come la formazione, la transizione ecologica, l’agricoltura, la salute. Propongo di investire oggi, quando i tassi sono bassi, per spendere di meno domani. Le faccio un esempio: prevedo di investire 4 miliardi in cinque anni per il miglioramento energetico degli edifici pubblici; questo consentirà, una volta realizzati i lavori, dei risparmi di energia per alcune centinaia di milioni all’anno. E poi il mio è un progetto risolutamente europeo. Mi assumo l’impegno di ridurre il deficit e non prenderò alcuna decisione che possa mettere a repentaglio il calo del deficit al 3% del Pil quest’anno. È la condizione perché la Francia sia credibile.
E per rilanciare l’economia?
La linea è chiara: sostegno alla formazione, al lavoro e all’investimento. Fin dall’estate il Governo si impegnerà in una riforma del diritto del lavoro, un cantiere di semplificazione normativa, una riforma dell’educazione dimezzando il numero di allievi nelle elementari dei quartieri più in difficoltà. Varerò un piano di formazione per un milione di giovani poco qualificati senza lavoro e un milione di disoccupati di lungo periodo anch’essi scarsamente qualificati. Avvierò la riforma del sistema di indennità di disoccupazione e quella delle pensioni. Altre riforme ci saranno sull’azione pubblica e sulla casa. Sul fronte fiscale e sociale, fin dalla ripresa dopo l’estate, il Governo presenterà un budget in favore dell’investimento e del lavoro. Il dispositivo di alleggerimento degli oneri a carico delle imprese sarà semplificato e perennizzato fin dal 2018. E sarà rafforzato con una riduzione supplementare di oneri sulle retribuzioni più basse, cioè dove gli effetti sull’occupazione sono più forti. Ridurremo progressivamente, dal 33,3% al 25%, il tasso d’imposizione sulle società, per portarlo alla media europea. Mentre la tassazione del risparmio sarà rivista per incoraggiare l’investimento nell’economia reale.
E più in generale per trasformare il Paese, magari facendo finalmente le riforme strutturali così necessarie ma apparentemente impossibili da realizzare?
Non credo che le riforme siano impossibili. I francesi sono pronti, ma ci deve essere un patto chiaro. La paralisi degli ultimi anni è dovuta al fatto che si è fatta la campagna elettorale su un’agenda e si è governato su un’altra. Io dico chiaramente ai francesi che riformeremo il Paese. Non sarà una purga, saranno delle riforme giuste, trasparenti, chiare fin dall’inizio. Prendiamo l’esempio delle pensioni: la riforma che propongo punta a eliminare i diversi sistemi – oggi ne abbiamo quasi 40 – affinché ogni euro versato garantisca gli stessi diritti a tutti, qualunque sia la situazione contrattuale di chi lo versa. Si tratta di una riforma giusta, trasparente. Ed efficace.
Lei è senz’altro il più europeista dei candidati alle presidenziali. Quali sono le sue proposte per rilanciare il progetto europeo, palesemente in crisi? Cosa pensa dell’Europa a più velocità?
Sì, sono il solo candidato a credere davvero nell’Europa. Senza alcuna ingenuità sulle debolezze e i difetti attuali dell’Europa ma con una profonda convinzione: senza un rilancio del progetto europeo, l’Unione si disferà; e la Francia, così come i suoi partner, sarà molto più debole. La mia convinzione è che la vera sovranità passi per l’Europa: sul rilancio economico, sulla protezione commerciale, sulla sicurezza e la difesa, sulla transizione energetica, sulla rivoluzione digitale. Il mio metodo sarà quello della rifondazione. Dal primo giorno proporrò alla Germania e ai nostri principali partner, Italia in testa, un progetto comune per rafforzare la sicurezza alle frontiere dell’Unione, creare un budget europeo della difesa che consenta di sviluppare le nostre tecnologie militari, varare una riforma dell’Eurozona, rivedere le regole europee contro il dumping con un controllo degli investimenti stranieri nei settori strategici della nostra economia, fissare un quadro più rigido del lavoro distaccato, costituire un fondo di sostegno alle nostre imprese, soprattutto nel digitale. E per avanzare, propongo un principio semplice: gli Stati che non vogliono non potranno impedire agli altri di farlo. Preferisco l’Europa a più velocità all’Europa in surplace.
Si parla molto, Lei compreso, dell’importanza dell’asse franco-tedesco. Che ruolo possono avere, in questo contesto, i Paesi dell’Europa del Sud, l’Italia in particolare?
Sono sempre stato molto chiaro: il motore franco-tedesco è indispensabile. Se l’Europa è bloccata è perché questa coppia è troppo debole, non perché è troppo forte. Ma l’Europa non è una partita a due e dobbiamo andare avanti con i Paesi più impegnati, più desiderosi di rifondare il progetto europeo. L’Italia fa ovviamente parte dei questo gruppo ed è anzi in prima linea, su tutti i temi: l’euro, l’immigrazione, la difesa, la protezione commerciale. Quando ero ministro ho lavorato molto bene con il collega italiano proprio sul rafforzamento degli strumenti di protezione commerciale, contro il dumping cinese nell’acciaio.
In caso di vittoria il 7 maggio, quali saranno le sue priorità, le sue prime decisioni? E con quale tempistica?
Il primo testo di legge a essere presentato sarà sulla moralizzazione e il rinnovamento della politica. Poi, in estate, ci saranno le riforme che ho già elencato. In settembre sarà la volta della legge quinquennale sui conti pubblici, per realizzare i risparmi di spesa e la riduzione della pressione fiscale. E appunto il rilancio, subito, del progetto europeo.
Come ha ricordato, il suo movimento è stato creato appena un anno fa. È dunque comprensibile che ci si interroghi sulla possibilità che Lei non ottenga una maggioranza parlamentare alle legislative di metà giugno. Come pensa di affrontare lo scenario di una coabitazione, magari con un Governo ostile?
Non lo immagino proprio, perché il nostro calendario elettorale ha una coerenza politica che non è mai stata smentita. Se il 7 maggio i francesi sceglieranno il mio progetto, mi daranno una maggioranza parlamentare che mi consenta di metterlo in pratica. Ho iniziato a costruire questa maggioranza, abbiamo scelto i primi candidati e continueremo nelle prossime settimane.
La storia d’amore con sua moglie - iniziata quando Lei aveva 16 anni e Brigitte Trogneux, a quel tempo sposata e con tre figli, 40 - è oggettivamente straordinaria. Che impatto ha avuto sul suo percorso e sulla sua formazione?
Mi consenta di tenere queste cose per me. Ma la mia storia personale, la mia famiglia, le persone che mi sono vicine mi hanno dato la forza e la libertà che mi fanno andare avanti. Senza questo equilibrio non è possibile neppure costruire se stessi.
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