TOKYO
Non ha solennizzato il “Giorno del Sole” – 105°compleanno di suo nonno, il presidente eterno Kim Il-sung – con un test nucleare o missilistico che avrebbe potuto far precipitare la situazione politico-militare nell’intera Asia nordorientale. Ma,con una grande parata di armamenti, il leader Kim Jong-un ha inviato un preciso segnale alla minacciosa America di Donald Trump e al mondo intero: le capacità missilistiche della Corea del Nord stanno facendo sostanziali progressi.
Due giorni fa, inaugurando di persona nella capitale un nuovo distretto residenziale con grattacieli - Ryomyong Street - Kim aveva lanciato un altro messaggio chiaro: le sanzioni internazionali in corso sono da considerare inefficaci e non impediscono il manifestarsi di progressi economici. Il giovane leader non ha parlato nel corso delle sfilate militari e dimostrazioni popolari nella enorme Piazza Kim Il Sung sul cui cielo aerei militari hanno disegnato il numero 105.
Per lui ha parlato Choe Ruong Rae, vicepresidente del Partito dei Lavoratori, con una nuova dichiarazione di sfida: «Se gli Stati Uniti lanciassero provocazioni, condurremo immediatamente un devastante attacco e reagiremo con una guerra totale su vasta scala e una guerra nucleare con il nostro stile di attacco atomico». Gli esperti militari hanno scrutato accuratamente ieri i mezzi che sono sfilati in parata. Difficili da decifrare sono risultati alcuni “contenitori” di prototipi di missili balistici intercontinentali - probabilmente di tipo KN-08 o KN-14 - mentre sono apparsi ufficialmente il Pukguksong-1 (missile lanciabile da sottomarini) e il Pukguksong-2 (balistico intermedio testato per la prima volta a febbraio): dispositivi che utilizzano combustibile solido (più facile da caricare e trasportare), al pari dello Scud-ER a raggio esteso (di cui 4 esemplari sono stati lanciati il mese scorso).
Mentre il gruppo navale americano di attacco incentrato sulla portaerei a propulsione nucleare Carl Vinson sta arrivando nelle acque della penisola, varie fonti hanno indicato che l’Amministrazione Trump non è propensa a un attacco immediato unilaterale, ma tende a voler verificare i progressi nelle pressioni cinesi su Pyongyang perché non intraprenda iniziative provocatorie. Del resto, oggi arriva a Seul – molto vulnerabili ad attacchi ritorsivi del Nord in quanto a soli 60 km dal confine più militarizzato del mondo – il vicepresidente Mike Pence, nella prima tappa di un lungo tour asiatico che comprenderà Giappone, Indonesia e Australia, in cui fornirà assicurazioni sulla continuità dell’impegno americano verso l’Asia sia sul fronte della sicurezza sia su quello dell’economia.
Se pure soffiano forti venti di guerra per la Corea del Nord - che ha minacciato attacchi anche al Giappone - al parco di Shinjuku a Tokyo ieri non si sono sentiti: il governo non ha rinunciato al tradizionale “sakura party” di primavera aperto a migliaia di persone e il premier Shinzo Abe ha scherzato e parlato con ottimismo solo di economia e salari in miglioramento. Nelle sfere governative, oltre che su Pyongyang, ormai ci si concentra sul primo summit di dialogo economico bilaterale di martedì con Pence e altri esponenti di primo piano dell’Amministrazione Usa.
E lo si fa, rossinianamente, con un misto di “dolce speranza, freddo timore”: si spera che venga esteso a Tokyo l’atteggiamento ammorbidito che Trump ha mostrato verso Pechino (evitando di definire la Cina come manipolatrice valutaria e glissando sugli alti dazi minacciati in campagna elettorale), ma si paventa che i negoziatori di Washington possano porre esplicitamente sul tappeto la questione della riduzione del deficit commerciale, con la richiesta di una maggiore apertura del mercato agricolo ed automobilistico nipponico. Vari media sudcoreani, intanto, non hanno affatto gradito che Tokyo stia facendo allarmismo,lasciando filtrare l’esistenza di piani di evacuazione dei giapponesi a Seul e ipotizzando – per bocca dello stesso Abe – che Pyongyang abbia già le capacità di colpire il Giappone con armi chimiche montate su missili. In Corea del Sud – sempre sospettosa delle intenzioni di Tokyo – molti ritengono che il governo Abe utilizzi Pyongyang per dare fondamento a un piano strategico a medio termine finalizzato ad acquisire in proprio capacità di “first strike” nella penisola coreana.
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