Mondo

Ucraina, linea dura contro la Russia

  • Abbonati
  • Accedi
Europa

Ucraina, linea dura contro la Russia

  • –Carlo Marroni

Taormina

Il segnale lo aveva dato Donald Trump alla vigilia del G7 quando aveva riaffermato con forza le sanzioni a Mosca inflitte a seguito della crisi dell’Ucraina. Nelle discussioni del summit di Taormina entra quindi anche la Russia (esclusa dal vertice 2014, quando era G8), e i Sette reiterano la condanna per «l’annessione illegale» della penisola di Crimea e, per quanto riguarda la crisi ucraina, si dicono pronti a prendere «ulteriori misure restrittive» nei confronti della Russia se le azioni di Mosca dovessero richiederlo.

Il comunicato finale del vertice dice che «la durata delle sanzioni» in essere «è chiaramente legata alla completa applicazione da parte della Russia dei suoi impegni nell’ambito degli accordi di Minsk (sul cessate il fuoco nel Donbass, ndr) e al rispetto della sovranità dell’Ucraina».

Se per la Casa Bianca di Trump la partita russa – che pure vede delle complessità che sfociano nel “Russiagate” – non ha quindi scappatoie, il presidente francese Emmanuel Macron gioca una partita geopolitica più ampia: «Nessuna concessione sull’Ucraina» e con Putin lunedì a Parigi – dice - «avremo uno scambio franco ma considero indispensabile parlare con la Russia perché ci sono molti temi che non si risolvono senza la Russia, come la Siria», concetto in parte ripreso dal comunicato. I rapporti con Mosca, quindi, rappresentano un dossier importante, e anche l’Italia da tempo sta giocando una partita che mira a una soluzione, anche per motivi economici (le sanzioni sono costate diversi miliardi). Poche altre questioni vengono affrontate: «La Corea del Nord, una priorità nell’agenda internazionale, pone una minaccia seria alla pace e alla stabilità internazionale. Condannando con forza i test e il lancio dei missili della Corea del Nord, siamo pronti a inasprire le misure contro Pyongyang». Poi la Libia: è urgente che il paese «prenda la strada di un dialogo politico inclusivo e della riconciliazione nazionale».

Il capitolo della gestione dei flussi migratori, ricompreso dentro la “Human Mobility”, è stato uno dei punti di contrasto di questo vertice. La posizione dura degli Usa (con la sponda inglese), ha messo insieme l’approccio globale e quello nazionale. Il comunicato dice che la gestione delle migrazioni richiede «sforzi coordinati a livello nazionale e internazionale. Pur sostenendo i diritti umani di tutti i migranti e rifugiati, riaffermiamo i diritti sovrani degli Stati, individualmente e collettivamente, a controllare i propri confini e stabilire politiche nell’interesse nazionale e per la sicurezza». Insomma, la questione dei “confini” è ribadita senza ambiguità, ma alla fine si tratta dello sforzo di coniugare accoglienza e sicurezza, concetto accettato anche dai più aperturisti. Per il premier Paolo Gentiloni quello raggiunto è un buon accordo, non quindi al ribasso come è da molti considerato, ma di certo «non era Taormina» la sede per trovare alcune soluzioni europee e globali fra Paesi con approcci molto diversi sulle migrazioni. Quello dei migranti è «un tema su cui l’accordo sui punti principali di breve e medio termine era stato raggiunto settimane fa. Non mi aspettavo soluzioni dal G7, ho apprezzato nel documento e nella discussione una doppia consapevolezza: bisogna lavorare molto per il medio termine in Africa e tra le cause c’è un cambiamento climatico, e in breve serve unire politiche di sicurezza e accoglienza». E ha commentato alcuni documenti circolati che risalivano a diversi mesi fa e facevano parte di scambio di note tra i governi: è la prassi con cui si arriva poi al comunicato finale, e quindi un passaggio è destinato ad essere superato dal successivo. Ma il nodo politico è stato evidente, come del resto ha detto Trump: «Al G7 ho richiamato tutti a una maggiore sicurezza sul fronte dell’immigrazione con l’obiettivo di proteggere i nostri cittadini. Infine l’Africa: la sicurezza, stabilità e sostenibilità dei Paesi africani rappresenta per noi un’alta priorità» lo affermano i Sette, che considerano il piano di investimenti esterno dell’Unione europea «un importante strumento per spingere gli investimenti nel Continente».

© RIPRODUZIONE RISERVATA