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La crisi migratoria porta l’Europa al test di credibilità

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L'Editoriale|risposta ai populismi

La crisi migratoria porta l’Europa al test di credibilità

L’acuirsi della crisi migratoria coglie l’Europa e l’Italia in un passaggio di straordinario significato politico. Entro solo una settimana, i leader europei accoglieranno ad Amburgo gli altri capi di governo mondiali presentandosi come gli ultimi convinti difensori dell’ordine liberale, del multilateralismo e della difesa dei diritti universali. Per la prima volta dal varo del G-20 nel 2008 a Washington, i governi dei maggiori Paesi si incontreranno senza dover discutere di un’incombente crisi finanziaria europea. Affrontando temi che vanno dall’economia fino al cambiamento climatico e alle migrazioni, la cancelliera Merkel potrà ospitare il vertice con alle spalle un’area economica europea più solida del previsto e un riflusso dei partiti euroscettici in tutte le ultime consultazioni elettorali.

Tuttavia in questo quadro benevolo, il vero test di credibilità per l’Europa viene dalla risposta alla crisi migratoria. Merkel potrà certo far leva su una maggiore fiducia nel progetto europeo quando aprirà i lavori di fronte a Donald Trump, Xi Jinping, Vladimir Putin e agli altri leader e non è un fattore da poco, ora che i governi europei sentono di essere rimasti soli a difendere i princìpi della cooperazione multilaterale e delle regole di governance globale. A maggior ragione di fronte a un’agenda che vede distanti gli europei dal tradizionale alleato americano in materia di libertà dei commerci, di tutela dell’ambiente e di difesa dei diritti universali. Ma non sfugge a nessuno che solo una risposta coerente con quegli stessi valori nella crisi migratoria può giustificare l’ambizione europea di offrire al mondo, a partire da Amburgo, un’alternativa costruttiva alle tentazioni nazionaliste.

Alcune tra le più importanti vicende italiane, dalla crisi delle banche alla risposta ai flussi di immigrazione, fino agli squilibri della finanza pubblica, devono essere inquadrate in questo contesto. La stabilità italiana rappresenta infatti un tassello importante in una partita che l’intera Europa disputerà sullo scacchiere globale. In un certo senso, anche la gestione “pragmatica” della crisi bancaria in Italia da parte delle autorità europee, così come una certa accondiscendenza a Bruxelles per la flessibilità fiscale di cui alcuni Paesi vogliono usufruire – ancora una volta l’Italia si distingue – fanno parte della necessità europea di presentarsi più stabile e compatta di fronte alla competizione politica globale che si manifesterà con evidenza proprio al vertice di Amburgo. In questo senso, per necessità ancor prima che per scelta, sulle tradizionali priorità economiche, regolate da metodi poco flessibili, sta prevalendo una nuova natura politica europea. E questo avviene proprio attorno alla sua area economica più integrata, quella dell’eurozona.

In queste ore, la Commissione europea sta condividendo la posizione tedesca secondo cui l’impiego delle risorse del bilancio comune europeo deve essere maggiormente rispettoso dei valori fondanti europei e dello stato di diritto. Connettere gli investimenti comuni europei alla realizzazione di un’agenda politica centrata sui valori fondanti della comunità rappresenta una novità significativa che avrà conseguenze concrete a cominciare proprio dalla gestione dei flussi migratori, della sicurezza e quindi delle risorse destinate ai paesi del Mediterraneo e dell’Est Europa.

Inutile dire che un orientamento politico nell’uso delle risorse implica una maggiore interferenza con le scelte nazionali e quindi anche dei gradi di condizionalità aggiunta alle decisioni di investimento o all’impiego dei fondi di coesione. Ne nasce anche la necessità di sottoporre le scelte politiche a un dibattito democratico a livello europeo che avvicini più credibilmente a un’unione politica. D’altronde, l’imponente sfida migratoria può essere affrontata nel quadro europeo sia con risorse di maggiore dimensione sia in un quadro di valori che non receda verso nuove forme di nazionalismo, ma anzi si contrapponga alle nostalgie in cui pescano Trump, Putin o Erdogan.

Dall’incontro di Washington del 2008 il G20 è diventato il forum di discussione globale più importante, a cui partecipano direttamente i capi di stato o di governo. Nel 2009 a Pittsburgh il summit è stato designato come la sede principale per la cooperazione economica e finanziaria internazionale. Il G7 è in un certo senso una sede preliminare e il vertice di Taormina ha già evidenziato che proprio all’interno delle alleanze tradizionali si è aperta una faglia atlantica. Trump mette in questione gli approcci multilaterali e i sistemi che si basano su regole e norme, nonché alcuni convincimenti che si basano sull’evidenza empirica, la radice della cultura europea, come la minaccia del cambiamento climatico. La sfiducia tra Usa ed Europa ha portato Merkel a dire che ora il destino europeo è solo nelle nostre mani. Ma la realtà va oltre: l’Europa deve assumere una personalità politica ed economica più forte per pesare su scala globale.

Quanto sia connessa la situazione italiana a quella europea diventa più evidente che mai. Chi osserva la situazione dall’Italia vede con molta evidenza i rischi economici persistenti nel Paese: la fragilità del sistema bancario, la difficoltà nell’intaccare anche minimamente il debito pubblico e altro. Ma vede anche il ruolo fondamentale che il Paese svolge in materia di sicurezza e immigrazione. Non c’è una scelta da fare tra responsabilità e solidarietà. C’è da corrispondere seriamente a entrambi questi principi del comportamento che stanno alla radice della cultura civile europea.

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