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Presto raggiunti i limiti legali

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Europa

Presto raggiunti i limiti legali

  • –Alessandro Merli

Il lento avvio verso l’uscita dallo stimolo monetario da parte della Banca centrale europea è dettato dal cambiamento delle condizioni economiche, ma può sembrare in contraddizione con la distanza che ancora separa l’inflazione dell’eurozona dall’obiettivo di avvicinarsi al 2 percento. Per di più con la prospettiva, che, in virtù del rialzo dell’euro e dell’indebolimento del prezzo del petrolio, questa possa accusare nei prossimi mesi una nuova flessione.

Il tapering del Qe, la riduzione progressiva degli acquisti di titoli, oggi e fino a dicembre pari a 60 miliardi di euro mensili, è però una strada quasi obbligata per l’istituto di Francoforte: i titoli da comprare cominceranno presto a scarseggiare. Anche se la banca finora lo ha negato, l’evidenza è nelle cifre pubblicate sugli acquisti. Nel caso di un Paese, il Portogallo, la Bce ha già dovuto ridurli drasticamente, ma è il caso ben più eclatante della Germania, l’emittente di cui la banca compra la maggior quantità di debito, che forzerà nei prossimi mesi una correzione di rotta.

La Bce si è infatti autoimposta due limiti legali e ha finora espresso ogni intenzione di rispettarli: il tetto del 33% del debito emesso da un singolo Paese e la suddivisione degli acquisti in una percentuale che rispecchia le quote nazionali nel capitale della Bce stessa, in pratica il peso delle singole economie.

Il limite di un terzo sul totale del debito di ogni Paese è dettato dalla volontà della Bce di evitare di diventare il maggior creditore di uno Stato. Draghi ha ribadito in una recente audizione al Parlamento europeo che si tratta di un limite inviolabile. Diversi esponenti della Bce hanno fatto riferimento ai problemi legali che l’eliminazione del tetto creerebbe. «Se la Bce continuasse ad acquistare 60 miliardi di euro di titoli al mese – ha scritto il capo economista di Commerzbank, Joerg Kraemer – si scontrerebbe con il limite del 33% nel caso del debito tedesco nella primavera prossima».

La conferma del tetto del 33% lascia alla Bce una seconda opzione, di redistribuire gli acquisti non più sulla base dei pesi dei singoli Paesi, riducendo la quota della Germania e alzando quella degli altri maggiori emittenti, soprattutto Francia e Italia. In parte, è quello che la banca ha fatto negli ultimi mesi, sfruttando la flessibilità nella costruzione del programma e guadagnando qualche margine di manovra. Ma è un’opzione non percorribile su scala maggiore o per un periodo prolungato, per ragioni politiche ancor prima che legali. Draghi si esporrebbe alla critica di voler favorire l’Italia e la controversia esploderebbe in Germania, dove le scelte della Bce sono sempre nel mirino dei media, dell’establishment e dell’opinione pubblica.

Per di più, in un nuovo elemento di disturbo, si è rifatta viva la Corte costituzionale tedesca, che a metà agosto ha sostenuto che gli acquisti della Bce a suo avviso violano i Trattati europei e la proibizione di finanziamento monetario degli Stati. La Corte ha rinviato il caso alla Corte europea di giustizia (che si pronuncerà con ogni probabilità a favore della Bce) e non ha alcuna effettiva giurisdizione sulle istituzioni europee, ma può rinfocolare le pressioni sulla Bce in Germania. Secondo David Marsh, direttore del think tank Omfif, la Corte tedesca ha sottolineato tra l’altro che la Germania potrebbe incorrere in forti rischi finanziari derivanti dalla possibili perdite di altre banche centrali nazionali che acquistano il debito del proprio Paese, elemento che era stato escluso al lancio del Qe, ma che potrebbe causare ulteriori complicazioni legali. Ma una sentenza definitiva arriverà dopo la conclusione del Qe, che, secondo Kraemer, entro la fine del 2018 sarà probabilmente consegnato alla storia.

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