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Draghi: l’euro forte preoccupa. Decisioni sul Qe a ottobre

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LA RIUNIONE DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA

Draghi: l’euro forte preoccupa. Decisioni sul Qe a ottobre

Mario Draghi (Epa)
Mario Draghi (Epa)

La Bce tiene fermi i tassi ma alza la guardia sul cambio e rinvia ad ottobre le decisioni su tempi e modalità di uscita dal Qe. Il programma di acquisti di titoli di Stato (attualmente al ritmo di 60 miliardi al mese) durerà fino a dicembre 2017, ma è chiaro che non sarà bruscamente azzerato a gennaio. In conferenza stampa Mario Draghi ha confermato, aspetto questo molto atteso dagli investitori, che i tempi sull’uscita dal Qe saranno decisi in massima parte a ottobre. La Bce ha inoltre alzato le previsioni di crescita per l’anno in corso e ridotto quelle di inflazione, che subiscono le pressioni al ribasso dettate dall’euro forte.

    I bond euro guadagnano terreno

    Scendono i rendimenti dei titoli di Stato della Eurozona al termine della conferenza stampa di Mario Draghi. Dopo un avvio in sordina il mercato obbligazionario europeo ha preso con decisione la strada del rialzo, con acquisti che si sono concentrati sui bond dei Paesi periferici della Zona euro ma che, con minore forza, hanno premiato anche i titoli della core Europe, Bund in testa. Il quadro complessivo alla fine dell’incontro con la stampa dopo il consiglio direttivo vede quindi i bond periferici scendere tra i 7 e i 9 punti base a fronte di un guadagno dei Bund che si ferma a 3-4 punti base sui livelli di ieri in chiusura. Lo spread tra BTp e Bund così scende sotto la soglia dei 170 punti base (175 punti base ieri in chiusura) mentre il rendimento del BTp decennale benchmark tocca il 2% dal 2,09% di ieri.

    Salari in ritardo rispetto alla crescita

    «Dobbiamo rassegnarci a un'era di bassa inflazione? Assolutamente no!». È quanto ha detto Draghi in conferenza stampa a Francoforte in risposta a una domanda sui prezzi, se siano destinati a rimanere bassi per lungo tempo o no. «Ho detto in numerose occasioni che l'inflazione alla fine si avvicinerà al nostro target di lungo periodo, cioè vicino ma sotto il 2%».

    «Le ragioni di questa fiducia sono principalmente due: in primo luogo rimane in atto un grado eccezionalmente forte di accomodamento monetario. In secondo luogo la ripresa economica è robusta e ben diffusa e ha già avuto un effetto profondo sul mercato del lavoro». Draghi ha ricordato come dal 2013 nell'Eurozona siano stati creati 6 milioni di posti di lavoro e gradualmente verrà chiuso l'output gap, che si è rivelato più grande di quanto stimato in origine. Un problema che frena l'inflazione, ha aggiunto Draghi, è che i salari nominali restano in ritardo rispetto alla crescita dell'economia, per una serie di ragioni, fra cui bassa produttività, ma anche le strategie sindacali che in questi anni hanno puntato più a garantire la sicurezza del lavoro anziché l'aumento delle retribuzioni.

    «Tutti i Paesi hanno beneficiato enormemente da politica Bce»

    «Tutti i Paesi hanno beneficiato enormemente dalla nostra politica monetaria» accomodante. Lo ha ribadito il presidente Mario Draghi durante la conferenza stampa a Francoforte.

    Decisioni sul Qe a ottobre

    Sul futuro del Quantitative easing il consiglio direttivo della Bce ha discusso «vari scenari riguardanti la lunghezza e la dimensione dei flussi mensili di acquisti di titoli, si è trattato di una discussione molto preliminare». «Probabilment», in assenza di forti discostamenti dall’attuale andamento «il grosso delle decisioni» sul Qe «sarà preso a ottobre». Intanto «prevediamo un programma di reinvestimento, che diventerà progressivamente più imponente dal momento che il Qe va avanti da anni», ha aggiunto il presidente della Bce, riferendosi al fatto che l’Eurotower intende riacquistare titoli di Stato di pari durata man mano che quelli che ha in portafoglio arrivano a scadenza.

    Moneta unica di nuovo sopra 1,20

    L’euro, ha spiegato Draghi, non è «policy target» ma il suo apprezzamento «è molto importante per la crescita e l'inflazione. Così importante che le prospettive d'inflazione di medio termine sono state riviste al ribasso», e dunque la Bce «dovrà tenerne conto nell'insieme delle informazioni con cui prenderà le future decisioni di politica monetaria». L'euro, durante la conferenza stampa, ha riagganciato quota 1,20 sul dollaro.

    Giù le stime sull’inflazione, “colpa” dell’euro

    L'inflazione nell'Eurozona «deve ancora mostrare segnali convincenti di un rialzo sostenuto», ha detto Draghi, spiegando le decisioni dell'Eurotower che ha rivisto al ribasso le stime. L'inflazione crescerà al ritmo dell'1,5% nel 2017, dell'1,2% nel 2018 e dell'1,5% nel 2019. A giugno, a Tallinn, l'Eurotower aveva previsto un +1,5% dei prezzi quest’anno, seguito poi da +1,3% nel 2018 e +1,6% nel 2019. La revisione al ribasso è dovuta proprio al forte apprezzamento dell'euro, cresciuto del 5% rispetto a giugno quando erano state diffuse le stime precedenti. Il presidente della Bce ha ribadito la fiducia che l’inflazione salirà «ma serve pazienza».

    Alzate le stime di crescita per il 2017

    La Banca centrale europea ha nuovamente rivisto in meglio le stime di crescita per l'Eurozona per il 2017, portandola al 2,2% dal precedente 1,9%. Invariata l'attesa per un +1,8% nel 2018 e +1,7% nel 2019.

    Crescita solida, incertezza dai mercati valutari

    La crescita nell’Eurozona continua «solida e ben diffusa» nei diversi Paesi e settori ma il rafforzamento dell’euro e la volatilità dei cambi è causa di incertezza e motivo di preoccupazione. Un sostanziale accomodamento monetario rimane necessario. «La recente volatilità del tasso di cambio rappresenta una fonte d'incertezza che richiede di essere monitorata, per le sue implicazioni sulla stabilità dei prezzi nel medio termine». Così il presidente della Bce Mario Draghi leggendo la nota introduttiva durante la conferenza stampa che segue il consiglio direttivo della banca centrale europea che non ha toccato i tassi e ha confemato il Qe al ritmo di 60 miliardi al mese fino a dicembre o oltre se necessario.