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Secessione, la Catalogna accelera

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Europa

Secessione, la Catalogna accelera

  • –Luca Veronese

Con un atto finale di sfida, la Catalogna ha deciso di approvare con urgenza la legge sul referendum per l’indipendenza che si terrà il primo di ottobre. A meno di un mese dalla data della consultazione, il Parlamento catalano ha così portato lo scontro con lo Stato spagnolo oltre il punto di non ritorno. Le legge, sostenuta dai partiti separatisti che hanno la maggioranza, di fatto segna già una secessione tra la Catalogna e lo Stato spagnolo: definisce le modalità del referendum e stabilisce cosa succederà dopo il voto popolare, soprattutto si pone, in caso di conflitto, sopra ogni altra normativa, regionale e statale. Per il governo nazionale il referendum è illegale e va bloccato.

«Ogni tentativo di fermare il referendum con i tribunali o con strumenti politici è destinato a fallire perché la democrazia non si può fermare», ha dichiarato il presidente della Generalitat, Carles Puigdemont, stroncando ogni possibilità di mediazione con Madrid, dopo essersi detto disposto ad andare in prigione per l’indipendenza catalana: «Non ci sono alternative: referendum, o referendum!». Immediata la reazione del premier spagnolo, Mariano Rajoy, che mantiene la linea dura e ha chiesto alla Corte Costituzionale di bloccare la legge chiamando in causa la magistratura perché verifichi le responsabilità penali della presidente del Parlamento catalano, Carme Forcadell, accusata di «disobbedienza» alla Corte Costituzionale per avere autorizzato l’esame della legge sul referendum. «In un giorno - ha detto Rajoy - vorrebbero spazzare via la Costituzione e la sovranità nazionale. Ma non ce la faranno. Nessuno può fare questo alla democrazia spagnola: il referendum non si farà».

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I cittadini catalani sono divisi sull’indipendenza della loro regione dalla Spagna: la maggioranza chiede comunque, con insistenza, il «diritto di decidere» ma il sostegno per l’indipendenza in caso di referendum - secondo i sondaggi - sarebbe sceso al 41% dal massimo del 49% toccato nel 2013. La ripresa economica sta togliendo forza ai partiti sovranisti: il Pil della Catalogna nel 2016 è cresciuto del 3,5% tanto che la regione da sola ha prodotto il 19% della ricchezza nazionale spagnola.

Il processo verso l’indipendenza sembra molto complesso e gli ostacoli non vengono solo da Madrid: la Catalogna ambisce a essere uno Stato autonomo e sovrano all’interno dell’Unione europea ma più volte da Bruxelles hanno sottolineato la difficoltà di arrivare a riconoscere un nuovo Stato creato contro la volontà di un altro Stato membro della Ue.

L’ostruzionismo dell’opposizione - Popolari e Ciudadanos - ha rallentato ieri i lavori del Parlamento catalano e la legge in tarda serata non era ancora stata approvata. Puigdemont ha annunciato che avrebbe firmato il decreto di convocazione del referendum subito dopo il via libera del Parlamento, per anticipare la bocciatura della Corte Costituzionale. Non ci sono infatti dubbi sulla successiva e immediata sentenza della Corte Costituzionale spagnola che si è sempre espressa contro tutti i tentativi della Catalogna di arrivare alla consultazione per vie legali e riconosciute, dalla Spagna e dalla comunità internazionale.

Puigdemont, assieme ai suoi alleati, si è già messo fuori dalla legge, almeno per la Spagna, seguendo la nuova «legalità catalana». Rajoy dovrà decidere come rispondere: la Costituzione attribuisce al governo di Madrid la facoltà, in casi eccezionali, se una regione non rispetta le leggi, di «adottare tutte le misure necessarie a proteggere l’interesse generale». Ma è davvero nell’interesse della Spagna arrivare ad azzerare le istituzioni catalane?

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