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Trump chiude le porte alla Cina: giù le mani dalle società Usa dell’hi-tech

Sono tempi sempre più duri per lo shopping cinese di aziende occidentali. Mentre in Europa è aperto il dibattito sull’opportunità di proteggere i propri gioielli tecnologici dalle “scorribande” finanziarie, il presidente statunitense, Donald Trump, passa ai fatti e blocca l’acquisizione della società statunitense Lattice, che produce semiconduttori (chip), da parte di Canyon Bridge Capital Partners, un gruppo privato che si muove per conto della China Venture Capital Fund, a sua volta controllato dal China Reform Fund Management, un fondo d’investimento statale.

L’operazione, dal valore di 1,3 miliardi di dollari, costituirebbe una minaccia per la sicurezza nazionale, secondo la Casa Bianca ed è solo la quarta volta che un’acquisizione viene fermata per questa ragione. Prima di Trump, però, la stessa scelta l’aveva fatta Barack Obama, a dicembre, quando bloccò l’acquisizione del produttore di semiconduttori Aixtron, ancora una volta da parte di investitori cinesi. A gennaio, in uno dei suoi ultimi atti, la passata Amministrazione diffuse un report sulla necessità di fare di più per proteggere il settore nazionale dei chip. La Cina è affamata di tecnologie d’avanguardia e negli ultimi anni ha lanciato una pesante offensiva sul settore, che sta attraversando una fase di consolidamento.

Quella della sicurezza nazionale resta un’argomentazione delicata, che l’Amministrazione Trump minaccia di utilizzare anche per proteggere il settore dell’acciaio e dell’alluminio, ma che potrebbe spingere altri Paesi ad adottarla per altri settori, come emulazione o ritorsione. Ad agosto, Trump aveva ordinato un’indagine sulle violazioni della proprietà intellettuale da parte della Cina.

L’operazione Lattice, annunciata a novembre, era già stata bocciata dal Comitato sugli investimenti diretti esteri negli Usa (Cfius), appunto per ragioni di sicurezza nazionale, vale a dire tutelare «l’integrità della catena dell’offerta dei semiconduttori». Il Cfius è composto da alti funzionari dei ministeri del Tesoro, Esteri, Sicurezza interna e Difesa. Lattice si era rivolta al presidente Trump per ribaltarne il verdetto, anche questa una mossa insolita: nessun presidente ha mai rigettato una raccomandazione del Cfius e pochissime società ne hanno contestato le decisioni.

Secondo gli analisti, i chip programmabili prodotti da Lattice sono applicabili, oltre che nelle comunicazioni, anche in sistemi d’arma e potrebbero essere utilizzati dall’esercito statunitense. La società, che ha quartier generale a Portland (Oregon), genera in Asia il 70% dei propri ricavi.

Il ministero del Commercio cinese non ha nascosto la delusione di Pechino: «Ogni nazione ha il diritto di vigilare su investimenti sensibili, ma questo non dovrebbe essere utilizzato come uno strumento protezionistico».

Altre operazioni sono sotto scrutinio negli Stati Uniti, come l’acquisizione di MoneyGram International da parte della società di servizi finanziari Ant Financial, del miliardario cinese Jack Ma. O come l’acquisizione da parte del conglomerato cinese Hna di una quota di SkyBridge Capital, fondata da Anthony Scaramucci, ex direttore della comunicazione della Casa Bianca.

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