Si precisano le differenze di vedute tra i Ventotto su una futura riforma della zona euro dopo che mercoledì la Commissione europea ha tratteggiato la sua visione della moneta unica. Ieri a Tallinn i ministri delle Finanze hanno avuto una prima discussione. I Paesi più piccoli vedono con prudenza la nascita di nuove istituzioni. Nel frattempo, la Francia cerca di costruire una maggioranza a favore di nuove forme di tassazione dell’industria digitale, legata al fatturato piuttosto che ai profitti.
I ministri si sono detti d’accordo per ritenere che il momento è opportuno per rafforzare la zona euro, appena uscita dalla crisi debitoria. Come ha spiegato il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire «le prospettive economiche sono positive». L’esponente politico ha sottolineato che la presenza di maggioranze stabili in Francia (dopo l’elezione di Emmanuel Macron alla presidenza della Repubblica) e in Germania (dopo le prossime elezioni federali) sono fattori di cui approfittare.
Il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker ha fatto proprie le proposte francesi, tedesche e italiane, parlando mercoledì dell’idea di trasformare il Meccanismo europeo di Stabilità in un Fondo monetario europeo e di creare la figura di ministro delle Finanze della zona euro, che sarebbe vice presidente della Commissione e presidente dell’Eurogruppo. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha definito la visione di Jean-Claude Juncker una «indicazione importante» e una «accelerazione» positiva.
I Paesi piccoli, invece, vedono nella nascita di nuovi organismi intergovernativi un pericolo: la dominazione dei Paesi più grandi. Ha detto il presidente dell’Eurogruppo, l’olandese Jeroen Dijsselbloem: «Anziché avere una discussione sul fronte delle istituzioni dovremmo discutere di quello che manca nella zona euro in termini di tenuta dell’economia, di competitività e di solidarietà (…) In altre parole, credo che dovremmo partire da questo aspetto per poi terminare con un dibattito istituzionale».
Secondo il presidente Dijsselbloem, l’Eurogruppo ha funzionato «in modo efficace». L’attuale sistema di governo dell’Unione «misto», intergovernativo e comunitario, «non è perfetto, ma sono una persona pratica: mi sembra abbia prodotto buoni risultati». Ha aggiunto il ministro delle Finanze austriaco Hans Jörg Schelling: «Siamo contenti con l’attuale assetto, e dovremmo confermarlo». Il suo omologo lussemburghese Paul Gramegna ha aggiunto che non bisogna mettere «il carro davanti ai buoi». Molti Paesi ritengono che l’integrazione debba avvenire rilanciando la convergenza economica. In questo senso, i ministri hanno discusso di come rafforzare la tenuta della zona euro: completando l’unione bancaria e l’unione dei mercati dei capitali e legando l’esborso di fondi europei all’adozione di riforme economiche. Il banchiere centrale Benoît Cœuré ha sottolineato che l’obiettivo di migliorare la tenuta dell’economia della zona euro «rende ancor più necessario il rispetto delle regole di bilancio».
Secondo le informazioni raccolte a margine della riunione di ieri pomeriggio tra ministri e governatori, lo stesso istituto monetario nel corso dell’incontro ha messo l’accento sull’ipotesi di creare una linea di bilancio dedicata alla zona euro nel bilancio comunitario, anch’essa proposta mercoledì dalla Commissione. Si deve presumere che agli occhi della Bce è più utile dotare la zona euro di uno strumento di stabilizzazione economica, piuttosto che creare nuove istituzioni o posizioni.
Oggi i ministri discuteranno di tassazione dell’industria digitale. Oltre alla proposta francese, italiana, tedesca e spagnola di tassare il fatturato di queste imprese, anziché i profitti, vi è l’idea estone di tassare il numero di contatti o contratti in un determinato paese (si veda Il Sole 24 Ore di ieri). Sempre Bruno Le Maire ha fatto campagna ieri per la sua proposta, annunciando che altri cinque Paesi sono pronti ad appoggiarla: Bulgaria, Grecia, Slovenia, Austria, e Lettonia.
Interpellato su una possibile cooperazione rafforzata, il ministro non l’ha esclusa, anche se ha precisato che per ora «vogliamo che tutti i Paesi europei ci raggiungano». L’obiettivo è di imporre alle aziende digitali una imposizione fiscale «giusta ed equa». La natura immateriale delle attività digitali permette a questi gruppi di sfruttare scappatoie fiscali per ridurre l’imposizione. La questione è internazionale, non solo europea. Non si può escludere che in ultima analisi l’Unione dovrà trattare il tema a livello Ocse.
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