Dopo mesi di una campagna elettorale noiosa e fin troppo rassicurante, la Germania darà all’Europa parecchi brividi nelle prossime settimane e nei prossimi mesi nonostante la quarta vittoria di Angela Merkel. I primi numeri usciti dalle urne ci dicono che la formazione del governo tedesco sarà difficile, prenderà parecchio tempo e soprattutto che il dibattito – quel dibattito che è spesso mancato tra i candidati più importanti alla cancelleria e che quando c’è stato ha avuto toni soporiferi – sarà teso e con momenti di ferocia politica e recriminazione mai visti nella Germania del dopoguerra.
A meno di ripensamenti dei socialdemocratici, siamo di fronte al de profundis della grosse Koalition tra Cdu/Csu e Spd. Avrà pure ben governato e guidato un Paese verso un successo economico senza precedenti, ma ha lasciato parecchio scoperto il fianco destro al populismo, al razzismo, e all’antieuropeismo che si sono nutriti, come in altri Paesi, di un aumento della precarietà e delle diseguaglianze durante la crisi. Il risultato è in parte sconcertante e la cancelliera ne esce indebolita. Per governare potrebbe essere costretta a mettere assieme il gruppo più eterogeneo di partiti mai sperimentato alla guida della Germania: l’alleanza nero-verde-gialla (Giamaica) formata da democristiani, liberali e verdi.
L’esito del voto avrà implicazioni profonde sull’Europa e sul processo di integrazione dell’Unione monetaria. In questo senso la miglior combinazione possibile sarebbe stata la Grande coalizione, ma bisognerà fare i conti anche con altri scenari, non così favorevoli. Come si comporterà a questo punto il grande “alleato esterno” di Angela Merkel, il presidente francese Emmanuel Macron, che martedì presenterà i dettagli del suo piano di riforma dell’Eurozona? Nelle linee generali (creazione di un budget dell’Unione monetaria, di un ministro unico delle Finanze e di un Parlamento ad hoc che dia al progetto legittimità politica) è finora il progetto più ambizioso delineato da un leader europeo. Macron ha posto molto in alto l’asticella dell’integrazione ricevendo risposte genericamente positive da Angela Merkel e i soliti distinguo da parte del ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble.
Questa accoglienza positiva da parte di Berlino, sia pure di principio, potrà essere mantenuta nei prossimi mesi? E soprattutto sarà realisticamente oggetto di un negoziato dall’esito positivo?
Con i Verdi non ci saranno problemi su questo fronte, ma i liberali di Christian Lindner sono un animale politico decisamente diverso dal partito di Hans-Dietrich Genscher o più semplicemente di Guido Westerwelle. Sono contrari a trasferimenti di risorse dagli Stati più ricchi a quelli meno ricchi dell’eurozona, non vogliono maggiore integrazione e sono anzi piuttosto euroscettici. Infine, fosse per loro, la Grecia dovrebbe essere fuori già da un pezzo dall’Unione monetaria. Le buone intenzioni europeiste del quarto mandato Merkel rischiano quindi di essere vanificate. Non solo per volontà dei potenziali partner, ma anche a causa delle forti pressioni che prevedibilmente giungeranno dall’ala destra della Cdu e soprattutto dai bavaresi della Csu.
Sull’integrazione dell’eurozona c’è già parecchia carne al fuoco, dopo il discorso di Juncker sullo Stato dell’Unione e gli orientamenti emersi all’ultimo Ecofin di Tallinn. Le idee e le intenzioni sono buone e si sta creando un consenso attorno ad alcuni obiettivi: la creazione di un ministro unico delle Finanze; una capacità di bilancio per l’Unione monetaria; la trasformazione del fondo salva-stati ESM in vero e proprio Fondo monetario europeo e la creazione di un fondo di stabilizzazione per i momenti di crisi, integrato da un fondo europeo per la disoccupazione. Come segnala il capoeconomista di UniCredit Erik F. Nielsen nel suo ultimo Sunday Wrap, in un recente discorso il presidente dell’Esm Klaus Regling, un tedesco, ha mostrato una certa affinità con alcune idee francesi, espresse più o meno sulla stessa linea del presidente Macron anche dal governatore della Banca di Francia François Villeroy de Galhau. Che cosa accadrà a questo “patrimonio” di idee convergenti, che tra l’altro prevede un completamento dell’Unione bancaria con l’assicurazione europea dei depositi, quindi una prima forma di condivisione dei rischi?
Sul fronte europeo il lavoro della cancelliera sarà senza dubbio più difficile, nonostante l’importante sponda francese. Un successo netto le avrebbe permesso di dedicare il quarto mandato, senza troppi tentennamenti, al miglioramento della governance dell’Unione monetaria. Ma con la destra della Cdu e con la Csu che premeranno per una svolta conservatrice e nazionalista, le incognite si moltiplicheranno sul fronte dell’integrazione.
Molto dipenderà dalla capacità di leadership della cancelliera e dal fatto che al momento non sembrano esserci alternative politicamente credibili in Germania, nonostante il doppio scossone dell’AfD terzo partito e della Spd umiliata. Angela Merkel ha sempre dato la miglior prova di sé nei momenti difficili (su tutto la crisi dei migranti, per la quale ha fatto pagare al suo partito un caro prezzo) e quando tutti tendevano a sottostimarla.
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