NEW YORK - Donald Trump e i repubblicani hanno sollevato il sipario sul loro ambizioso piano di riforma delle tasse americane: aliquote individuali semplificate e abbassate, anche se non troppo per i redditi più elevati che potrebbero pagare un'imposta solo leggermente inferiore all'attuale 39,6 per cento. Soprattutto, un'imposta aziendale tagliata al 20% dall'attuale 35%, un livello attaccato come il più punitivo e meno competitivo tra le grandi potenze economiche globali.
L'esito di una vasta riforma fiscale negli Stati Uniti che, per la sua complessità, non viene ormai tentata dal 1986 è ancora incerto: quello odierno, seppur più dettagliato rispetto al passato, appare ancora un progetto-quadro che dovrà essere riempito, discusso e approvato dal Congresso, un processo che richiederà mesi e sarà complicato da divisioni nella stessa maggioranza conservatrice.
Sul piano, inoltre, grava l'incognita irrisolta dei costi: secondo alcune stime indipendenti, l'intero ventaglio degli obiettivi repubblicani avrebbe un “prezzo” potenziale di cinquemila miliardi di dollari, contro il tetto di 1.500 miliardi che la stessa maggioranza non vorrebbe sfondare. Soltanto ulteriori elaborazioni e chiarimenti - ad esempio sulle esatte fasce di reddito interessate da ciascuna aliquota - consentiranno ad analisti e uffici studi parlamentari un calcolo attendibile dell'impatto sia sui contribuenti che sulla casse pubbliche.
Le intenzioni sono però chiare e sono state riaffermate dal presidente Trump in un discorso inaugurale sulla riforma a Indianapolis, nel cuore del Paese. La sua proposta sul fisco, ha detto Trump, prevede «tagli delle tasse per la classe media, un codice più semplice e più giusto» e che riporterà posti di lavoro e benessere dall'estero. «I più grandi vincitori saranno i lavoratori della classe media mentre i posti di lavoro cominceranno a riversarsi nel nostro Paese, le aziende cominceranno a competere per il lavoro americano e gli stipendi continueranno a crescere», ha sostenuto il presidente. L’obiettivo è un abbattimento delle imposte che stimoli la crescita economica, longeva ma tuttora anemica attorno al 2% annuale, portando in dote almeno un punto percentuale al Pil e avvicinandosi a quel 3%-4% promesso dalla casa Bianca. L'amministrazione è oltretutto orfana di un successo politico oltre che economico dopo l'ennesimo fallimento, questa settimana, degli sforzi di cancellare la riforma sanitaria Obamacare.
Il piano sulle tasse, ottenuto fin dalla tarda mattinata dal Wall Street Journal, prescrive una riduzione delle aliquote individuali federali da sette a tre o quattro. Vengono fissate al 12%, al 25% e al 35 per cento. Con l'opzione di un'ulteriore soglia più alta, in risposta a critiche che dipingevano la riforma come troppo favorevole ai più abbienti e antitetica al populismo di Trump, seppur al di sotto dell'attuale massimo del 39,6 per cento.
Verrebbero eliminate detrazioni significative, quali le tasse statali e locali dall'importo federale, ma altre verrebbero aumentate, a cominciare dal raddoppio della deduzione standard e da incrementi della cifra per i figli a carico. La Casa Bianca, anche grazie al ripensamento del sistema delle detrazioni, vuole presentare la riforma come a vantaggio dei ceti medi e bassi, nonostante l'aliquota minima del 12% sarebbe superiore al 10% esistente.
Per il business, il vero cuore del progetto, il taglio dell'aliquota corporate risponde alle invocazioni di gran parte delle imprese e del mondo politico. Trump avrebbe preferito scendere fino al 15%, ma quella soglia si è rivelata irrealistica. Stando al progetto, tuttavia, aumenteranno incentivi a investimenti e facilitazioni alla deduzione di spese, verrà introdotta una bassa una tantum per il rimpatrio di profitti dall'estero e avviato un sistema di tassazione più territoriale, cioè basato su imposte pagate nei paesi dove gli utili sono generati. Oggi gli Stati Uniti impongono alle loro aziende la tassazione americana dando in seguito credito per imposte versate all'estero.
Le cosiddette società pass-through, dove il proprietario paga le tasse attraverso la propria dichiarazione dei redditi personale, verranno assoggettate a un'aliquota del 25% sulla base di regole da definire. Qui emerge una delle maggiori polemiche: il rischio è che, più d'un aiuto a piccole imprese, questo si trasformi in una scappatoia per i redditi più alti, riconfigurati come pass-through. Cancellata, nel disegno repubblicano, anche la tassa di successione.
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