Mancava solo Google. E non poteva mancare, in effetti, se non altro per la quota parte di mercato pubblicitario online negli Stati Uniti: circa il 45% e ricavi pari a 35 miliardi di dollari (Facebook copre un altro 25%, oltre 17 miliardi di dollari). Alla fine, quindi, anche Big G ha ammesso, dopo averlo letto sul Washington Post, che account russi hanno usato la sua rete per interferire con le elezioni presidenziali del 2016. Ora Google è in compagnia di Facebook e Twitter, entrambe coinvolte nella vicenda delle ingerenze di Mosca che avrebbero favorito la vittoria di Donald Trump. Le tre aziende sono interessate ai massimi livelli nelle inchieste in corso.
Facebook ha ingaggiato due società di pubbliche relazioni per gestire la comunicazione su questi fatti e prevede di assumere oltre 1.000 persone per filtrare gli annunci. Mark Zuckerberg è coinvolto in prima persona nei colloqui a tutto campo con esponenti del Congresso e la società che ha creato ha già speso più di 3,2 milioni di dollari in lobbying (primo trimestre del 2017), un record aziendale. Google è andata oltre e ha speso quasi 6 milioni di dollari, nel secondo trimestre, battendo il proprio record. Entrambe le big del web, con Twitter, stanno lavorando insieme per affrontare la questione degli annunci pro-Trump manipolati dai russi.
«Abbiamo una serie di politiche stringenti sulle inserzioni pubblicitarie. Stiamo indagando», ha commentato un portavoce di Google. Mountain View, in particolare, ha scoperto che gli account riconducibili a Mosca hanno investito qualcosa come 100mila dollari in prodotti pubblicitari via YouTube, Gmail e Google Search, nel tentativo di intromettersi nelle elezioni presidenziali del 2016, ha dichiarato a Reuters un dipendente del gigante di Mountain View. Gli annunci non sembrano provenire dalla stessa entità associata al Cremlino che ha acquistato annunci su Facebook.
Anche Microsoft ha dichiarato lunedì di avere aperto un’indagine interna per capire se i russi hanno acquistato annunci elettorali statunitensi sul suo motore di ricerca Bing (che, in ogni caso, rappresenta una parte minima del mercato) o su altri prodotti e piattaforme Microsoft. Una portavoce della società ha rifiutato di commentare ulteriormente.
La rivelazione su Google probabilmente getterà benzina sul fuoco della polemica circa il ruolo che i giganti della Silicon Valley potrebbero aver svolto (del tutto involontariamente, a meno che non venga dimostrato il contrario) durante le elezioni dello scorso anno. Diverse agenzie di intelligence Usa, come è noto, hanno concluso che l'obiettivo di Mosca era quello di spingere gli elettori più indecisi a scegliere Donald Trump.
Sia Twitter che Facebook hanno recentemente individuato e reso noto che operatori russi, che lavorano per un'agenzia di contenuti conosciuta come Internet Research Agency a San Pietroburgo, hanno utilizzato le loro piattaforme per acquistare annunci e pubblicare contenuti che sono stati politicamente divisivi nell'azione di influenzare gli americani prima e dopo le presidenziali del novembre 2016. L'agenzia impiega centinaia di cosiddetti “troll” che pubblicano contenuti pro Cremlino, in sostanza delle fake news, mascherati da social media americani o europei.
Esponenti di Google sono stati invitati a testimoniare pubblicamente in commissione alla Camera e al Senato il 1 novembre insieme a Facebook e Twitter. Per adesso, mentre le prime due hanno confermato l’intenzione di partecipare, Google non lo ha ancora fatto. (Al.An.)
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