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L’ultima trappola di Schäuble in Europa

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il ruolo dell’esm

L’ultima trappola di Schäuble in Europa

(Afp)
(Afp)

Nei giorni scorsi abbiamo avuto varie proposte assai criticabili per la Uem. Wolfgang Schäuble, ministro delle Finanze uscente e presidente del Bundestag entrante, ha proposto un Fmi come “sovrano rigorista” delle finanze della Uem. La Vigilanza bancaria della Bce, il cui consiglio è presieduto da Danièle Nouy, ha proposto ulteriori stringenti garanzie sugli Npl delle banche. Entrambi i proponenti (ed anche un manifesto di economisti franco-tedeschi) arrivano alla proposta di una minacciosa “gestione ordinata” dei titoli di Stato. Le continue uscite su come riformare l’Eurozona da parte di personalità di rilievo chiamate al riserbo per ragioni di ruolo sono a nostro avviso molto pericolose anche perché rafforzano forme di eurorigetto.

I protagonisti. Il ministro delle Finanze tedesco Schäuble, partecipando infatti per l’ultima volta all’Eurogruppo, ha fatto una scelta del tutto irrituale. Invece di congedarsi dai suoi 8 anni di servizio in quella alta funzione, magari riconoscendo anche i meriti di altri che hanno salvato l’Eurozona, ha fatto l’opposto facendo circolare un progetto di riforma che implicitamente “coglie due piccioni con una fava”. Da un lato ha spiegato che come presidente del Bundestag continuerà a vigilare(comandare?) per un rigore meccanicistico con la Germania quale soggetto politico che fissa le regole. Da un altro ha implicitamente criticato le politiche dell’Eurozona (anche quelle di Draghi?) e della Commissione europea caratterizzate da lassismo (specie con la Commissione Juncker?). Nessun nome ovviamente viene fatto.

A sua volta la Vigilanza Bancaria Europea prefigura per gli Npl svalutazioni integrali automatiche con conseguenti obblighi addizionali per gli istituti di credito con coperture patrimoniali molto onerose. Molto opportunamente il Presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, ha ufficialmente criticato una procedura che salta tutti i passaggi politico-istituzionali.

Tajani rivolgendosi al Presidente della Bce scrive: «Esorto a prendere tutte le misure per evitare una controversia interistituzionale su questo tema». Malgrado le lettera sia indirizzata a Draghi quale presidente della Bce(istituzione che include il consiglio di Vigilanza) il vero destinatario del richiamo è Danièle Nouy, la presidente della consiglio di Vigilanza bancaria fino al dicembre 2018 che pensiamo piaccia ai tedeschi per il suo rigore a senso unico dove i Paesi con banche che fanno credito alle imprese vengono penalizzati e quelli i cui istituti operano in prevalenza su derivati ed assimilati vengono premiati.

In questa gara a stroncare la ripresa delle economie che più hanno sofferto nella crisi, tra cui quella italiana, si inseriscono da tempo anche altre proposte avanzate in passato dal presidente della Bundesbank e di recente supportate da un autorevole gruppo di economisti franco-tedeschi. Si tratta di prefigurare meccanismi di “default ordinato” dei titoli di stato da un lato e dall’altro limiti alla entità detenuta dalle banche. Gli articoli di Bastasin, Micossi, Codogno e Galli su queste colonne hanno già lucidamente spiegato perché la proposta è da respingere e non solo perché sarebbe micidiale per l’Italia.

La trappola. Le proposte indicate convergono tutte in modi più o meno chiari verso una ristrutturazione del Meccanismo europeo di stabilità(Mes) che ha celebrato l’8 ottobre i suoi 5 anni di vita aggiungendosi all’altro fondo (Efsf) tuttora in vita ma destinato a cessare. L’operare dello Esm sul mercato nella emissione di eurotitoli per finanziare i Paesi dell’Eurozona in difficoltà (Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna, Cipro) è stato un grande successo con duration a varie scadenze fino a un massimo di 40 anni, con domanda rispetto all’offerta di multipli fino a 9, con tassi di interesse competitivi a quelli del Bund. Adesso è chiaro che, fatto un apprezzabile rodaggio, è sottoutilizzato avendo una potenzilalità di prestiti residua di quasi 400 miliardi.

Per lo stesso si vanno perciò delineando varie possibili nuove funzioni. Il recente Eurogruppo ha fatto delle riflessioni che ufficialmente appaiono del tutto generiche (salvo quella di mantenerlo disciplinato da un Trattato internazionale e non dai Trattati europei) rinviando ai mesi successivi maggiori approfondimenti.

Tuttavia il “Non-paper for paving the way toward a Stability Union” attribuito a Schäuble e pubblicato su vari quotidiani è un diktat. Richiamiamone solo due punti.

Il primo punto, creativo, vede la trasformazione dello Esm in Fmi per prevenire le crisi con poteri per monitorare i rischi dei Paesi Uem. A tal fine lo Esm deve avere il compito di controllare il rispetto del Fiscal compact e come conseguenza di sanzionare chi lo viola. Deve anche essergli attribuito il potere di attivare meccanismi di ristrutturazione dei debiti sovrani per ripartire l’onere tra Esm (è sottinteso in piccola misura) e creditori privati. Viene scartata seccamente inoltre l’ipotesi che lo Esm possa servire anche come supporto allo schema di assicurazione dei depositi.

Il secondo punto, “distruttivo”, esclude fondi di stabilizzazione macroeconomica con capacità fiscali e assicurazione di disoccupazione per la Uem. E, ancora più duramente, esclude mutualizzazione del debito perché si dice che di «European safe Bond o Sovereign Bond Backed Securities o di new Eurobonds» non ci sarebbe domanda sul mercato. Peculiare affermazione, visto il successo delle emissioni dello Esm garantite dagli Stati Uem tra cui quelli con debiti alti.

Le reazioni alle proposte di Schäuble sono state molte. Da quella garbatamente ferma del commissario agli Affari monetari Pierre Moscovici che rivendica il ruolo della Commissione, a quella durissima dell’Europarlamentare tedesco dei Verdi/Efa Sven Giegold per il quale «Schäuble ha presentato un regalo velenoso per la democrazia europea». Per noi basta la conlusione del “non parer” e cioè «dobbiamo saper creare reale stabilità con le riforme, non con complesse e costose ingegnerie finanziarie». Il tutto con buona pace delle politiche di sviluppo che richiedono certo le riforme ma anche gli investimenti senza i quali scatta la trappola della bassa crescita. L’Italia faticosamente e, non sempre con coerenza, sta risalendo la china; è bene che si attrezzi con più forza politica ed economica per un autentico progresso dell’Eurozona.

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