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Budapest fa muro: «Ecco perché non vogliamo i migranti»

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parla il Ministro degli Esteri ungherese

Budapest fa muro: «Ecco perché non vogliamo i migranti»

Peter Szijjarto, ministro degli Esteri ungherese
Peter Szijjarto, ministro degli Esteri ungherese

Peter Szijjarto, ministro ungherese degli Esteri e del Commercio estero, è il numero due nel governo di Viktor Orban. A Milano per il Business forum Italia-Ungheria, spiega perché Budapest si oppone alle politiche di Bruxelles sui migranti e arriva a mettere in discussione i principi di base dell’Unione europea.

Perché sui migranti il governo di Budapest rifiuta le politiche europee?

«Insistiamo nella nostra posizione: la migrazione illegale è una grave minaccia alla sicurezza in Europa, crea le condizioni perché le organizzazione terroristiche arrivino in Europa. Con questo, voglio sottolinearlo, non intendo dire che tutti i migranti sono terroristi, intendo invece spiegare bene che, se si permette a un milione e mezzo di persone di entrare in Europa, senza alcuna regola e senza alcun controllo, si dà l’opportunità ai terroristi di colpire nelle nostre città.

Esiste davvero un legame tra migranti e terrorismo?

A partire dagli attacchi a Parigi di due anni fa, nel novembre del 2015, ci sono stati 26 azioni terroristiche in Europa gravi che hanno causato la morte di 330 persone ferendone 1.300: questo mostra che l’Europa è nella peggiore crisi di sicurezza dalla fine della Guerra fredda, a causa, in gran parte, dal fenomeno della migrazione. Noi sosteniamo che dobbiamo fermare i flussi migratori e respingiamo qualsiasi politica che incoraggi le persone a venire in Europa.

Quindi, nonostante le decisioni di Bruxelles, continuerete a rifiutare le quote per la ricollocazione dei migranti in Europa?

Noi rifiutiamo le quote obbligatorie decise dall’Europa per tre motivi. Prima di tutto sono un pull-factor, un sistema che incentiva i flussi migratori e peggio ancora sostiene gli affari dei trafficanti. In secondo luogo il sistema delle quote è impossibile da realizzare perché nell’area Schengen non si possono obbligare le persone a stare in un Paese se non vogliono: in Ungheria due anni fa c’erano 400mila migranti, oggi non ne è rimasto nemmeno uno, sono tutti partiti per tentare di arrivare in Germania. In terzo luogo, nessuno può togliere a uno Stato nazionale il diritto di decidere cosa accade sul suo territorio, andando contro il senso comune, contro la volontà popolare.

Perché, pur in totale disaccordo, siete così decisi a restare nella Ue?

L’Ungheria può essere forte solo dentro un’Unione europea più forte. Noi però rifiutiamo la proposta federalista degli Stati uniti d’Europa, siamo invece per un approccio sovranista, per una cooperazione tra Nazioni che non dia a Bruxelles più poteri di quanti già ha oggi. Non accetteremo mai una maggiore integrazione in alcune materie per noi irrinunciabili come le politiche fiscali e le politiche sociali.

State nella Ue solo per ricevere i fondi comunitari?

I fondi europei non sono aiuti umanitari, sono definiti nei trattati. Le imprese tedesche, britanniche e italiane hanno fatto profitti utilizzando le risorse europee in Ungheria. I tre quarti dei fondi Ue sono andati a imprese straniere che hanno costruito infrastrutture e migliorato la qualità della vita nel Paese. E questo per noi va benissimo, siamo per il profitto, non siamo comunisti. Ma tra noi e gli altri Paesi europei c’è stato un vantaggio reciproco.

Anche sui rapporti con la Russia vi distinguete nell’Unione europea.

Con la Russia siamo per una relazione pragmatica. L’Europa centrale, lo abbiamo imparato dalla storia, ha tutto da perdere da uno scontro tra Ovest e Est. Sulla Russia, poi, in Europa c’è molta ipocrisia: molti Paesi fanno grandi affari in economia e nell’energia con Mosca. Ma non lo vogliono mostrare.

A quali Paesi si riferisce?

All’ultimo International Economic Forum di San Pietroburgo, la scorsa estate, c’era più gente che parlava tedesco di quanta parlasse russo. Molte imprese, soprattutto tedesche e olandesi e austriache hanno avviato importanti progetti con Gazprom. Sono fatti. La cosa migliore per noi è che tra Europa occidentale e Russia si sviluppi la cooperazione più efficace e pragmatica possibile. Così quando dico che Germania e Russia hanno legami di cooperazione economica molto stretti, non dico niente di negativo, dal mio punto di vista. In fondo li invidiamo.

Che danni ha subito l’Ungheria con l’introduzione delle sanzioni Ue contro Mosca?

Le nostre relazioni commerciali stanno migliorando continuamente. Nei primi sette mesi di quest’anno le nostre esportazioni in Russia sono cresciute del 40% rispetto allo stesso periodo del 2016. Ma negli ultimi tre anni, con l’introduzione delle sanzioni, l’Ungheria ha perso opportunità di export in Russia per un valore di almeno 7 miliardi di dollari.

Le sue affermazioni sembrano contraddire alcuni principi fondanti dell’Unione europea: rispetto delle diverse culture, capacità di integrazione, accoglienza, garanzia di libertà religiosa, libertà di opinione.

Sui migranti: pensiamo che la migrazione illegale vada stroncata e che anche se gestiti i flussi migratori non sono un elemento positivo, non ne abbiamo bisogno. Sulla diversità religiosa: ormai è diventato quasi una colpa essere cristiani, le comunità di cristiani sono le più perseguitate nel mondo e non si può dire. Sulla libertà di opinione: perché anche in Europa non è possibile avere posizioni diverse da quelle dominanti a Bruxelles?

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