Corre il Pil dell’Eurozona nel terzo trimestre, seppure con una lieve frenata congiunturale, mentre rallenta a sorpresa l’inflazione in ottobre: 1,4% dopo l’1,5% di settembre. A conferma che l’atteggiamento di cautela della Banca centrale europea nell’uscita dal Qe è pienamente giustificato. Il primo dato, positivo, diffuso da Eurostat riguarda la crescita. Nel trimestre luglio-settembre il Pil è cresciuto dello 0,6% rispetto ai tre mesi precedenti, sia nell’Eurozona che nella Ue a 28. Nel secondo trimestre la crescita congiunturale era stata leggermente superiore, +0,7%, ma le attese per il dato odierno erano inferiori e su base annua la crescita accelera: dal 2,3 al 2,5% nell’Eurozona. Con il tasso di disoccupazione - anche questo dato è stato diffuso oggi - che scende all’8,9% a settembre, il livello più basso da gennaio 2009.
Tra i fattori che sostengono l’economia di Eurolandia, si segnala il buon dato francese (uno dei pochi indicatori nazionali già diffusi) : +0,5% congiunturale per il Pil che si traduce però in un +2,2% tendenziale che è la migliore performance da sei anni.
Diversi segnali, meno incoraggianti, arrivano dai prezzi al consumo, cresciuti appena dell’1,4% a ottobre rispetto all’anno scorso. Tanto più che, se si considera l’inflazione “core”, depurata degli elementi più volatili come i prezzi energetici, l’incremento è appena dello 0,9 per cento.
Il complesso dei dati ripropone il dilemma che la Bce si trova ad affrontare: anche con una crescita robusta che alimenta il mercato del lavoro una crescita sostenuta dei prezzi rimane problematica e ancora non si intravede quell’obiettivo di stare al di sotto ma vicino al 2% che è il target di Francoforte. Da qui la decisione, ribadita e sottolineata dal presidente Mario Draghi nell’ultima conferenza stampa di givoedì scorso, di mantenere un approccio cauto nell’uscire dal programma di stimoli avviato dall’istituto centrale nel marzo 2015.
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