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Triplice sfida per Powell prossimo chairman della Fed

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Triplice sfida per Powell prossimo chairman della Fed

Ufficializzata la nomina. Jerome Powell, nuovo presidente della Fed
Ufficializzata la nomina. Jerome Powell, nuovo presidente della Fed

Donald Trump ha nominato Jerome Powell quale prossimo chairman della Federal Reserve, aprendo un nuovo capitolo nella storia della Banca centrale americana che dovrebbe tenere il timone dritto su una politica monetaria cauta nel ritirare gli stimoli all’economia ma virare leggermente a favore della flessibilità quando si tratta di regolamentazione e supervisione del sistema finanziario. «Serve una robusta, salutare, ferma leadership alla Fed e Powell la fornirà», ha detto Trump. Da parte sua Powell ha accolto la sua nomina riaffermando, in omaggio alla continuità, il doppio mandato della Fed: lavorerò, ha detto, per i due obiettivi di stabilità dei prezzi e massima occupazione.

Powell rappresenta in realtà un cambiamento, fin dalla sua biografia: 64enne repubblicano, primo ex banchiere d’investimento nominato chairman - Dillon Read, Carlyle - e anche il più ricco dagli dagli anni Quaranta, con una fortuna personale tra i 21 e i 61 milioni di dollari. Ma è un cambiamento senza scosse, ad opera di colui che è stato ribattezzato “Mr. Ordinary”.

L’agenda del prossimo chairman appare dettata dalle calme posizioni prese in passato e dalla sua esperienza concreta nel mondo del business. È una prudenza che comincia dalla diagnosi sull’economia. Sulla crescita è ottimista, ma alla stregua di Janet Yellen mantiene toni cauti sull’inflazione finora deludente e il rischio che potrebbe rivelare debolezze in agguato. La disoccupazione scesa al 4,2% e un Pil al passo di circa il 3% sia nel secondo che nel terzo trimestre hanno dato credito alla sua affermazione che «l’economia si trova vicina agli obiettivi che ci siamo assegnati». Powell manterrà tuttavia l’attenzione a pressioni sui prezzi testardamente sotto il target del 2 per cento. Dovrebbe quindi preservare un approccio pragmatico e “data dependent” - sensibile ai dati economici man mano in arrivo - su condizioni e prospettive di una longeva espansione al di sotto di passate performance e con talloni d’Achille nei salari, nella qualità del lavoro e nelle sperequazioni sociali. Non mancano incognite su squilibri finanziari, con i mercati a livelli record. Powell, grazie all’apprendistato nella Fed di Yellen e alla formazione nel settore privato, dovrebbe anche rimanere in sintonia con futuri segnali recessivi o di fragilità del sistema finanziario - il suo mandato dura quattro anni - disposto a utilizzare l’intero arsenale, convenzionale e meno, della Banca centrale.

I maggiori cambiamenti sono nelle carte sulla regolamentazione. Powell ha un approccio meno severo, ma si tratta di gradazioni piuttosto che di svolte rispetto all’approccio degli ultimi anni. Ha preso le distanze da “micro-regulations” della Fed e delle altre istituzioni preposte ai controlli. Ha indicato di favorire un ammorbidimento della Volcker Rule, che vieta il trading proprietario alle banche ed è stata criticata perché ridurrebbe la liquidità sui mercati. Ha anche detto d’essere pronto a correzioni negli stress test annuali sulla solidità delle banche. Ancora di recente ha sottolineato che «non tutti i problemi si risolvono con maggiori regole». Non si è tuttavia espresso per una sostituzione della riforma Dodd Frank. Un atteggiamento che lo distingue dalle correnti repubblicane più radicali e dall’amministrazione, che difendono l’alternativa di deregulation del Financial Choice Act. Il focus di Powell dovrebbe piuttosto essere ridimensionare gli oneri di regolamentazione nei confronti delle banche di minori dimensioni.

Un mix forse rivelatore di continuità con sottili variazione dovrebbe al contrario emergere su politica monetaria e di bilancio. Il neo-nominato è considerato una “colomba” conservatrice. Dovrebbe adottare un linguaggio meno “attivista” e più circospetto sul ruolo della Fed, ma difendere una normalizzazione graduale, sia nei rialzi dei tassi d’interesse, oggi all’1%-1,25%, che nell’uscita dal Quantitative easing. Discrezionalità più che formule prevarrebbero: nuove battute d’arresto dell’economia richiederebbero frenate delle strette. Powell ha riassunto la sua convinzione indicando di ritenere oggi «appropriato il continuo e graduale aumento dei tassi».

Nel più lungo periodo appare tuttavia in linea con la maggioranza della Fed su tassi sotto i livelli passati, a massimi del 2,75 per cento. Sulla riduzione del bilancio, gonfiato oltre i 4.200 miliardi da acquisti di titoli del Tesoro e derivati immobiliari, dovrebbe a sua volta procedere con il lento ridimensionamento in atto, che lasci alla fine il portafoglio a 2.000-2.500 miliardi dai 900 pre-crisi.

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