La giudice spagnola Carmel Lamela ha emesso un mandato di cattura nazionale e internazionale per l’ex presidente della Generalitat, Carles Puigdemont, e i quattro ex ministri del governo catalano che ancora si trovano in Belgio. È stata quindi accolta la richiesta della procura nazionale, che accusa Puigdemont e gli ex ministri catalani di ribellione, sedizione, malversazione e disobbedienza. Il mandato di arresto internazionale, oltre Puigdemont, riguarda Antoni Comin, Clara Ponsatí, Meritxell Serret e Lluis Puig. Lo riportano i media spagnoli.
Intanto il governo spagnolo di Madrid che ha commissariato la Generalitat catalana applicando l’articolo 155 della Costituzione contro la disobbedienza dei leader indipendentisti catalani per difendere l’interesse generale della Spagna, ha chiarito che Carles Puigdemont, Oriol Junqueras e tutti gli ex ministri catalani per i quali è stato ordinato l’arresto potranno candidarsi alle elezioni regionali del 21 dicembre. «Finché non c’è condanna definitiva, chiunque abbia i diritti civili intatti può presentarsi alle elezioni», ha affermato il portavoce del governo spagnolo Inigo Mendez de Vigo al termine della riunione settimanale dell’esecutivo.
Il vicepresidente destituito della Catalogna, Junqueras è stato portato in carcere ieri notte, così come altri sette componenti del governo di Barcellona, dopo che si era rifiutato di rispondere alle domande del magistrato. Per l’ex presidente Puigdemont e per i quattro ex ministri catalani fuggiti in Belgio nei giorni scorsi, sta per essere emesso un mandato di arresto europeo. L’accusa per tutti è «ribellione e sedizione» e in caso di condanna rischiano fino a trent’anni di detenzione per avere violato le leggi spagnole e, nello specifico, per avere dichiarato la secessione della Catalogna dalla Spagna.
Il giudice della Audiencia Nacional spagnola, Carmen Lamela, accogliendo la richiesta della Procura generale, ha stabilito che gli accusati dovranno restare in carcere perché c’è il «rischio elevato» che possano fuggire, cancellare prove a loro carico o reiterare i reati contestati. Solo l’ex responsabile di Impresa e Conoscenza, Santi Vila, che si era dimesso il giorno prima della dichiarazione unilaterale di indipendenza di venerdì scorso, e che è stato l’unico a rispondere all’interrogatorio, è già uscito dal carcere pagando una cauzione di 50mila euro.
Puigdemont ha detto di essere pronto a candidarsi dall’estero e sta cercando di unire in una sola lista tutti i partiti indipendentisti. In un messaggio trasmesso dalla televisione catalana Tv3, l’ex capo della Generalitat ha definito «un grave errore» l’arresto dei suoi ministri e ha invitato i catalani a protestare contro Madrid «senza violenza, pacificamente e nel rispetto delle opinioni di tutti». Gli attivisti e i catalani favorevoli all’indipendenza si sono mobilitati immediatamente, in tutte le città della Catalogna, contro gli arresti: il centro di Barcellona è stato attraversato da migliaia di manifestanti, alcune strade di collegamento nella regione sono state bloccate. E la mobilitazione continuerà nei prossimi giorni.
Sta intanto sollevando reazioni di rabbia e sdegno sui social network, un video diffuso dal quotidiano La Vanguardia che mostra tre agenti spagnoli mentre prendono in giro e insultano Junqueras al momento dell’arresto, facendo commenti volgari sulle possibili sevizie sessuali che l’ex vicepresidente catalano potrebbe subire in carcere.
Puigdemont fuggito a Bruxelles «per portare la crisi catalana nel cuore dell’Europa» ha ribadito ieri di voler continuare la battaglia per una Catalogna sovrana ma non sta trovando alcun sostegno internazionale. La Commissione Ue ha spiegato anche oggi che il mandato d’arresto emesso contro il leader separatista catalano «è una questione che riguarda esclusivamente l’autorità giudiziaria, la cui indipendenza rispettiamo completamente». «La posizione della Germania non cambia, pur auspicando il dialogo tra le parti, il governo federale - ha detto il portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert - ritiene che quella della Catalogna sia una questione interna spagnola, che va risolta nell’ambito delle regole della Costituzione del Paese».
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