«È un’aggressione militare diretta da parte del regime iraniano». «Potrebbe essere considerato alla stregua di un atto di guerra contro il regno (saudita, ndr)». Le parole del principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman, durante un colloquio con il ministro britannico degli Esteri Boris Johnson, sono durissime. Ricalcano quanto affermato la sera prima da un allarmante comunicato diramato dal Governo saudita.
Il “casus belli” dell’ultima escalation tra Riad e Teheran è un missile balistico lanciato sabato sera dallo Yemen e neutralizzato dal sistema anti-missilistico saudita nella periferia settentrionale di Riad. Alcuni frammenti sarebbero caduti in prossimità dell’aeroporto della capitale senza tuttavia causare feriti.
Il governo saudita non ha dubbi: il missile è di fabbricazione iraniana. Teheran avrebbe agito in sintonia con i ribelli Houti (milizie sciite impegnate in una guerra contro gli yemeniti sunniti sostenuti dall’Arabia Saudita) per fare entrare i suoi componenti in Yemen . Dopodiché i pezzi sarebbero stati assemblati dagli esperti delle milizie libanesi sciite Hezbollah, alleati dell’Iran, insieme a membri del Corpi dei guardiani della Rivoluzione (forze d’elite iraniane). Il missile è stato lanciato dagli Hezbollah, ha precisato ieri il ministro saudita degli Esteri, Adel Jubair.
L'Iran – ha protestato il Governo saudita - ha violato la Risoluzione 2216 del Consiglio di sicurezza dell’Onu. che proibisce agli Stati di fornire armi ai gruppi armati in Yemen.
«Queste dichiarazioni sono la prova della sconfitta dell’Arabia Saudita in Yemen, tutte le accuse contro l’Iran sono irresponsabili e distruttive», ha ribattuto il portavoce del Governo iraniano Bahram Ghasemi. Sono ormai due anni che Teheran smentisce di sostenere militarmente i ribelli Houti. Da 30 anni a questa parte, Arabia Saudita ed Iran non sono mai stati così vicini a un confronto militare.
Il confronto tra Riad e Teheran incendia il Medio Oriente
Se per i più pessimisti la guerra fredda in corso da alcuni anni tra la potenza sunnita del Golfo Persico e quella sciita per l’egemonia della regione potrebbe sfociare anche in un aperto confronto militare (scenario tuttavia non probabile), l’utlima escalation seguita al lancio del missile contro Riad probabilmente si ripercuoterà nei conflitti già in corso in Medio Oriente con un inasprimento delle ostilità.
In realtà Iran ed Arabia sono giù invischiati in una guerra per procura in Siria ed in Yemen, e in una battaglia, per ora politica, per conquistare il potere in Iraq e in Libano. E proprio il Paese dei cedri è stato chiamato in causa ieri dal ministro saudita per gli affari nel Golfo Persico, Thamer al-Sabhan, che ha rivolto a Beirut la medesima accusa. «Tratteremo il governo del Libano come un governo che sta dichiarando guerra a causa delle milizie Hezbollah». Una minaccia altrettanto dura seguita al terremoto politico che ha scosso il Libano nel fine settimana.
Poche ore prima che a Riad scattasse la maxi retata, con decine di arresti di personaggi illustri, seguita all’inchiesta del comitato anti-corruzione presieduto Mohammed bin Salman, il primo ministro libanese, Saad Hariri, annunciava le sue dimissioni in segno di protesta per le pesanti interferenze iraniane nella politica libanese, spiegando di temere anche per la sua vita . E lo faceva, non è una coincidenza, proprio da Riad. «Il Libano è stato sequestrato dalle milizie di Hezbollah, e dietro tutto ciò c’è l'Iran», ha aggiunto il ministro saudita Thamer al-Sabhan. Il fatto che il premier dimissionario non sia rientrato in Libano ma sia andato negli Emirati Arabi Uniti, i grandi alleati di Riad nell’offensiva contro l’Iran, per incontrare - riferiscono alcuni media locali - il principe ereditario di Abu Dhabi, Mohammed bin Zayed, la dice lunga sull’aria che tira. In pochi giorni si è dunque consumata un’impensabile escalation nella guerra fredda tra sauditi e iraniani. Una partita a scacchi capace di aggravare le crisi in corso e perfino di aprirne delle altre.
Yemen, il conflitto dimenticato
Il conflitto dimenticato, che negli ultimi due anni ha già ucciso più di 10mila civili, potrebbe trasformarsi nella nuova guerra per procura, dove l’Arabia Saudita, culla dell’Islam sunnita wahabita, e l’Iran, roccaforte del mondo sciita, si stanno affrontando (come peraltro in Siria) nel tentativo di affermare il loro ruolo di potenza regionale del Golfo Persico.
L’intervento saudita è iniziato ufficialmente il 25 marzo del 2015. Quella notte gli aerei dell'Arabia Saudita, sostenuti da una coalizione di altri otto Paesi arabi, iniziarono a bombardare - e continuano a farlo senza sosta - le postazioni dei ribelli sciiti Houthi, arroccati nel sud del Paese. Non di rado, come denuncia da tempo Amnesty International, i raid aerei colpiscono i civili, provocando anche grandi stragi.
Sebbene l’Iran si ostini a negare di sostenere militarmente i ribelli Houti,
lo scorso dicembre un rapporto pubblicato dal Conflict Armament Research (Car), un istituto di ricerca indipendente con sede nel Regno Unito che si occupa di monitorare i movimenti e i commerci illegali di armi che avvengono nelle zone del mondo coinvolte in conflitti, aveva segnalato un flusso continuo di armi provenienti dall’Iran e dirette in Yemen attraverso la Somalia. L’ultimo rapporto del Car, in marzo, aveva rafforzato lo scenario giù prefigurato. Negli ultimi mesi gli sforzi bellici di Teheran per sostenere la minoranza yemenita degli Houti sono cresciuti sensibilmente, aveva poi scritto nei giorni l’agenzia Reuters.
Il coinvolgimento degli Stati Uniti a fianco dei sauditi
Non è un segreto che nel conflitto dimenticato, che da due anni e mezzo lacera lo Yemen, anche gli Stati Uniti stiano giocando un ruolo importante. Dal 2010, quindi già sotto l’amministrazione del presidente Barack Obama, gli Stati Uniti hanno siglato contratti di fornitura di armi con la monarchia saudita per oltre 110 miliardi di dollari; contratti consolidati, e alcuni finalizzati anche lo scorso giugno durante la visita del presidente Donald Trump a Riad, finalizzata a forgiare una nuova alleanza strategica tra Stati Uniti ed Arabia Saudita in funzione anti-iraniana. Elicotteri e armi che vengono molte volte impiegati dai sauditi nella loro campagna militare in Yemen. Un “patto” non ufficiale che vede il Pentagono fornire anche carburante ai caccia sauditi e team di assistenti militari da affiancare ai sauditi. «Gli esperti sostengono che la coalizione (saudita, ndr) sarebbe a terra se Washington sospendesse il suo sostegno», scriveva il New York Times a inizio anno.
Con l’avvento di Trump la Casa Bianca sembra aver assunto un atteggiamento ancor più filo-saudita nel conflitto in Yemen. «Incoraggiamo l’Onu a prendere le misure necessarie perché il regime iraniano sia responsabile per le sue violazioni», ha affermato oggi l’ambasciatrice americana presso le Nazioni Unite Nikki Haley. «L’Iran ha ignorato completamente i suoi obblighi internazionali fornendo queste armi alle milizie Houthi in Yemen», ha precisato, sottolineando l'impegno degli Stati Uniti «a contenere le azioni destabilizzanti di Teheran». «Non chiuderemo gli occhi di fronte a queste gravi violazioni».
Una tragedia umanitaria
In questa guerra a lungo ignorata dai media occidentali, la coalizione saudita non sta ottenendo i successi militari sperati. Nel durissimo confronto tra Teheran e Riad, sta passando in secondo piano la tragedia umanitaria che in Yemen rischia di mietere la vita a decine di migliaia di persone nel più povero Paese della Penisola arabica, già duramente provato da una durissima siccità che ha distrutto i raccolti e da una grave epidemia di colera.
Come ritorsione contro il lancio del missile, Riad ha chiuso porti e spazi aerei dello Yemen. Le Nazioni Unite hanno subito invitato la monarchia saudita a riaprire i corridori umanitari. «In Yemen la situazione è catastrofica, si tratta della peggiore crisi alimentare a cui stiamo assistendo oggi nel mondo. Sette miilioni di persone sono a un passo dalla carestia, milioni di persone sono mantenute in vita grazie alle nostre operazioni umanitarie», ha dichiarato Jens Laerke, dell’ufficio Onu per il coordinamento degli affari umanitari.
Per quanto la campagna militare in Yemen sia estremamente costosa, la monarchia saudita èrisoluta nel portarla avanti per impedire agli Houti di avanzare. Un tale scenario rappresenterebbe un punto a favore dell’Iran, già rafforzato dall’andamento della guerra in Siria, dove l’alleato di Teheran, il presidente Bashar al -Assad, è rimasto al potere e sta riconquistando importanti porzioni del territorio. I l conflitto nel martoriato Yemen rischia dunque di trascinarsi ancora a lungo. E trasformarsi in una nuova Siria.
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