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Perché le grandi Borse vogliono Aramco

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Perché le grandi Borse vogliono Aramco

Se il potente principe Mohammed bin Salman, l’erede al trono saudita, vuole davvero che il suo ambizioso piano di riforme “Vision 2030” venga alla luce, la strada appare una soltanto: dovrà vendere, come annunciato nel 2016, il 5% della Saudi Aramco, la compagnia petrolifera più grande al mondo. E farlo presto. Solo così il Fondo sovrano saudita potrà incassare quei 100 miliardi di dollari che si attende dall’Ipo, reinvestirli per diversificare l’economia saudita, attrarre gli indispensabili investimenti stranieri e creare milioni di posti di lavoro.

La posta in gioco è dunque altissima, non solo per sauditi. Tutti vorrebbero essere scelti da Riad per ospitare l’Ipo più grande della storia. Come potrebbe essere il contrario? L’Aramco produce ogni giorno più di 10 milioni di barili di petrolio (un barile su nove estratti al mondo). Ma la sua capacità è maggiore. È un potenziale di fuoco che consente al regno saudita di restare ancora lo swing producer mondiale. In caso di serie interruzioni dell’offerta, che siano causate da guerre o disastri naturali, l’Aramco può facilmente aumentare la produzione per tamponare la perdita. Le sue riserve ammontano a 260,8 miliardi di barili (il 16% di quelle mondiali). Con simili numeri Riad si attende di ricavare dall’Ipo, o dall’eventuale vendita ad investitori privati, 100 miliardi di dollari. Il che significherebbe che la monarchia saudita valuta il suo gioiello 2mila miliardi di dollari. Gran parte degli analisti, tuttavia, ritiene che possa raccogliere 50 miliardi. Si tratterebbe sempre dell’Ipo più grande di tutti i tempi.

Il valore della capitalizzazione sarà inevitabilmente influenzato dai prezzi del greggio. Più saranno alti, migliore sarà la sua quotazione. Come Riad intenda accrescerli il prossimo anno è ancora difficile da prevedere. Tagli alla produzione? Accordi con gli esportatori esterni all’Opec? Qualcosa, tuttavia, proverà a fare. Anche sola, se necessario.

L’avvicinarsi della quotazione - il management della Aramco ha confermato il secondo semestre del 2018 - sta già scatenando una complessa partita geopolitica tra Russia, Stati Uniti e Cina. Per il presidente americano Donald Trump la sede naturale della quotazione, oltre alla borsa saudita, dovrebbe essere la Borsa di New York. Lo ha espressamente chiarito sabato con il consueto tweet «Sarebbe molto apprezzato se l’Arabia Saudita scegliesse il New York Stock Exchange per l’Ipo della Saudi Aramco. Sarebbe importante per gli Stati Uniti».

Scegliendo gli Usa, Riad rafforzerebbe quell’alleanza strategica forgiata da Trump in giugno in funzione anti-iraniana. Ma essere quotati al Nyse significherebbe esporre Riad alla sua severa regolamentazione. Per la monarchia saudita, che non ha certo eletto la trasparenza come regola del sistema, e che custodisce gelosamente i dati sensibili del suo gioiello, non sarà una scelta facile. Gli investitori vogliono conoscere con precisione informazioni importanti. Qual è il numero preciso dei pozzi? Quante riserve sono state utilizzate? Quanto petrolio potrà produrre negli anni a venire? Chi può garantire se le riserve accertate, e sfruttabili, ammontano davvero a 260,8 miliardi di barili, come Riad si ostina a dichiarare da 25 anni?

Non sono dettagli. Anche questi dati avranno un impatto sull’Ipo. Secondo la normativa della Sec, la compagnia dovrà avere un audit indipendente sui suoi assets. Aramco ha scelto due compagnie texane, ma la questione riserve resta sul tavolo. Senza contare la legge,in vigore negli Stati Uniti, che prevede alle vittime degli attentati alle Torri gemelle di chiedere risarcimenti a Riad.

Restano in corsa anche le altre piazze, tra cui Tokyo, Hong Kong e soprattutto Londra. Ma anche in questi casi, per ragioni diverse, una quotazione pubblica creerebbe dei problemi tecnici, e non solo, per Riad. Vi sarebbero altre opzioni. Quando, lo scorso ottobre, l’agenzia Reuters ha riferito che i due colossi energetici cinesi, PetroChina e Sinopec, hanno offerto di acquistare direttamente il 5% della Aramco, il management della compagnia saudita ha ribattuto di non essere in trattativa con nessuno. Ma vendere privatamente ai cinesi permetterebbe ai sauditi di incassare un fiume di liquidità senza rendere pubblici gli aspetti finanziari che vuol tener per sè. Resterebbe poi un’altra strada. Fare l’Ipo solo sulla Tadawul, la Borsa saudita. Ma per un’Ipo del genere non sarebbe la scelta vincente.

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