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Conti, riforme, aiuti: la grande lente dell’Eurogruppo

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oggi la scelta del nuovo presidente

Conti, riforme, aiuti: la grande lente dell’Eurogruppo

(Bloomberg)
(Bloomberg)

Eurogruppo, si cambia. Oggi pomeriggio i 19 ministri delle Finanze dell’area euro scelgono il loro nuovo presidente. Da metà gennaio succederà all’olandese Jeroen Dijsselbloem, il “falco” del rigore, conosciuto in Italia soprattutto per i ripetuti inviti a «non esagerare con le richieste di flessibilità» sui conti pubblici, ma anche il regista delle estenuanti trattative di salvataggio con la Grecia, con tanto di strappi e ricucite. Quando Dijsselbloem ha ricevuto la prima investitura il 21 gennaio 2013 era l’unico candidato a raccogliere il testimone dal lussemburghese Jean-Claude Juncker. Superate le perplessità iniziali della Francia, la sua elezione è filata liscia, con la sola astensione della Spagna. Ed è stato percorso netto nel luglio 2015, quando l’olandese è stato riconfermato all’unanimità.

Questa volta, invece, i giochi sono più complicati. Rispetto al 2013 l’Eurozona conta due nuovi membri (Lettonia e Lituania), il ruolo dell’Eurogruppo e del suo presidente ha acquisito con il passare del tempo un peso sempre più determinante nello scacchiere economico e potrebbe arricchirsi di nuove competenze con la proposta di riforma della governance della zona euro che la Commissione Ue presenterà mercoledì. La poltrona è ambita e sono in quattro a contendersela. La successione di Dijsselbloem, inoltre, è importante anche per il possibile effetto-domino sulle altre cariche ai vertici della Bce e della Commissione Ue, che dovranno essere rinnovate nei prossimi due anni. Il favorito è il portoghese Mario Centeno, socialista come Dijsselbloem. La sua vittoria verrebbe salutata come il simbolo del Sud Europa che ha rialzato la testa dopo il programma di assistenza finanziaria concluso nel 2014,che proprio l’Eurogruppo aveva contribuito a disegnare. E consentirebbe ai socialisti di conservare una casella-chiave. Centeno dovrà però vedersela con lo slovacco Peter Kazimir, stessa area politica ma considerato molto vicino alle posizioni rigoriste della Germania. Dopo la bruciante sconfitta per la sede dell’Ema, il Paese dell’Est potrebbe trovare in questo modo la rivincita. Ma c’è anche il lussemburghese Pierre Gramegna, liberale e con una lunga esperienza nella diplomazia. Per la prima volta, poi, è in corsa anche una donna: la lettone Dana Reizniece-Ozola, che in passato si è però espressa contro l’adesione del suo Paese all’euro. Chissà se la sua abilità nel gioco degli scacchi le sarà di aiuto. Il voto sarà a scrutinio segreto e per la vittoria servirà la maggioranza semplice: almeno 10 voti su 19.

La posta in gioco è alta e le sfide per il nuovo presidente non saranno di poco conto. L’Eurogruppo ha visto la luce 20 anni fa al vertice Ue del 13 dicembre 1997 e il Trattato di Lisbona gli ha riconosciuto piena legittimità come ”organismo informale” per le discussioni sulla politica economica, sulle manovre di bilancio dei Paesi dell’euro e le riforme strutturali. «La crisi - sottolinea Benedicta Marzinotto, docente di politica economica all’Università di Udine - ha contribuito al suo ulteriore rafforzamento soprattutto rispetto all’Ecofin, che riunisce i ministri delle Finanze di tutti i 28 Paesi Ue. Ha segnato in questo senso una cesura tra le strutture di governance economica che riguardano i Paesi che adottano la moneta comune e quelle che riguardano gli altri». L’Eurogruppo è così diventato «il cuore pulsante della governance dell’area euro, dove le ipotesi di riforma e intervento vengono discusse non solo sul piano politico, ma anche su quello tecnico, grazie al supporto del Comitato economico e finanziario, dove gli interessi nazionali si palesano e le soluzioni di compromesso diventano possibili». In questo senso, prosegue Marzinotto, «seppur sia un’istituzione informale, l’Eurogruppo rappresenta l’input primario al normale processo legislativo ogni volta che oggetto delle norme sono temi legati alla moneta unica».

«Sui programmi di assistenza finanziaria - osserva André Sapir, senior economist del think tank Bruegel - l’Eurogruppo, che deve approvare le tranches di aiuti dopo che il Consiglio europeo ha accolto le richieste di assistenza, si è imposto come un soggetto chiave accanto alla troika (ovvero i rappresentanti di Ue, Fmi e Bce), spesso con un ruolo di primo piano. Senza trascurare che il presidente dell’Eurogruppo è anche a capo del board dell’Esm, il fondo salva-Stati, veicolo attraverso il quale vengono convogliati i salvataggi». Un organismo informale un po’ particolare, dunque, che ha mostrato il suo peso decisivo soprattutto nei negoziati sui tre pacchetti di assistenza alla Grecia (l’ultimo è ancora in corso) che hanno catalizzato buona parte delle riunioni. Lo dimostrano le dichiarazioni ufficiali: dei 34 documenti pubblicati negli ultimi due anni ben 18 sono stati dedicati al soccorso ad Atene.

L’influenza dell’Eurogruppo e del suo presidente è destinata ad aumentare ancora in futuro se ci sarà l’accordo delle capitali e dell’Europarlamento sulle proposte che verranno presentate dalla Commissione Ue mercoledì. Tra queste, la creazione di un superministro delle Finanze della zona euro a tempo pieno che è anche vicepresidente dell’esecutivo Ue, di un bilancio dell’area inglobato in quello comunitario e un Esm che potrebbe diventare una sorta di Fondo monetario europeo ( si veda “Il Sole 24 Ore” del 29 novembre). «Una sfida in più - conclude Sapir - per il presidente che verrà scelto oggi: oltre ai temi già in agenda, come il completamento dell’Unione bancaria e la Grecia, dovrà cercare il consenso e mediare sulle riforme istituzionali e sul ruolo del suo successore».

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