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Gerusalemme, Trump scuote il mondo

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Medio Oriente

Gerusalemme, Trump scuote il mondo

Space 24
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La decisione è stata presa. Sono bastati pochi giorni al presidente Trump per rompere gli indugi: gli Stati Uniti intendono trasferire l’ambasciata americana da Tel Aviv, dove si trovano le rappresentanze degli altri Paesi, a Gerusalemme. Di fatto la Casa Bianca riconoscerebbe così Gerusalemme come capitale di Israele.

A dare per primo la notizia è stato nel pomeriggio il portavoce palestinese Nabil Abu Rdainah: «Il presidente (dell’Autorità nazionale palestinese, ndr) Mahmoud Abbas ha ricevuto una chiamata dagli Stati Uniti. Il presidente Trump ha comunicato la sua intenzione di trasferire l’ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme. Il presidente Abbas ha avvertito (Trump) delle pericolose conseguenze che una simile decisione potrebbe avere sul processo di pace e sulla sicurezza e stabilità della regione e del mondo»

Poco dopo Trump ha chiamato per consultarsi anche il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il presidente egiziano al-Sisi e il re di Giordania, Abdullah II. Informato sulle sue intenzioni, anche il sovrano giordano ha ribadito che tale decisione avrà «ripercussioni pericolose sulla stabilità e sulla sicurezza del Medio Oriente».

Trump tiene così fede a quella promessa fatta durante la campagna elettorale e poi ribadita il 15 dicembre 2016, quando nominò il nuovo ambasciatore americano a Tel Aviv, David Friedman.

Agli occhi dei Paesi arabi più influenti, dichiarare Gerusalemme capitale di Israele equivale alla pietra tombale sul processo di pace più lungo degli ultimi 50 anni. Proprio per questo il mondo arabo, e buona parte di quello musulmano, ha mostrato con forza la sua contrarietà. A cominciare dal segretario generale della Lega araba, Ahmed Aboul Gheit, il quale ha invitato Trump a «evitare qualsiasi iniziativa capace di mutare lo status giuridico e politico di Gerusalemme». L’eventuale riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele rappresenta «una linea rossa per i musulmani», ha avvertito il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, aggiungendo che questa iniziativa potrebbe portare alla rottura delle relazioni diplomatiche con Israele. Anche l’Arabia Saudita, grande alleato di Trump, ha espresso «seria e profonda preoccupazione» per una mossa che «irriterebbe i sentimenti dei musulmani nel mondo». Simile la reazione dell’Iraq.

Non è molto chiaro, tuttavia, se Trump intenda dichiarare tutta Gerusalemme capitale di Israele, come pareva durante la campagna elettorale, oppure solo la parte occidentale. Non lo ha specificato, naturalmente. Non è una questione di lana caprina. I palestinesi rivendicano da tempo Gerusalemme Est come capitale di quel futuro Stato palestinese che in teoria dovrebbe rappresentare il felice epilogo del processo di pace. Se per il Governo israeliano Gerusalemme è la capitale «una e indivisibile», per gran parte della comunità internazionale le cose stanno diversamente. Non è ancora chiaro, ma non è improbabile che la decisione americana riguardi l’intera città. D’altronde, solo nella parte orientale della città, vivono ormai quasi 200mila ebrei. Cosa che rende ancora più restio il Governo israeliano ad ogni seppur minima concessione. Anzi ora Israele si prepara a fronteggiare grandi le manifestazioni che inevitabilmente seguiranno, se non una terza Intifada, come minacciata da Hamas.

Immediate le reazioni anche da parte dell’Unione europea, sempre più in rotta con gli Usa sui più delicati dossier internazionali, incluso il nucleare iraniano. «Preoccupato», il presidente francese Macron ha telefonato domenica sera a Trump: «La questione deve avere soluzione nell’ambito dei negoziati di pace tra israeliani e palestinesi». Da Bruxelles l’Alto rappresentante Ue, Federica Mogherini è stata decisa: «L’Ue sostiene la ripresa di un significativo processo di pace verso la soluzione dei due Stati. Qualsiasi azione che possa minare questi sforzi deve essere assolutamente evitata». Per il ministro degli Esteri tedesco, Sigmar Gabriel, una simile «mossa avrebbe pericolosissimi sviluppi».

Ora che la decisione è stata presa tutti si domandano quando avverrà effettivamente il trasferimento. Secondo la Cnn il trasferimento dell’ambasciata potrebbe essere rinviato a causa delle pressioni degli alleati, dalle cancellerie europee a quelle dei Paesi arabi. E mentre i palestinesi annunciano «tre giorni di collera», da oggi a venerdì, non resta che aspettare. Sapendo che prepararsi al peggio è forse l’opzione più ragionevole.

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