La sfiducia verso la grande finanza di Wall Street dopo la crisi del 2008-2009 è stata un ingrediente fondamentale nel dare il via al progetto Bitcoin. L’utopia di una valuta completamente digitale che permettesse a cittadini e imprese in tutto il mondo di acquistare beni e servizi senza l’intermediazione delle banche. Sono passati quasi 10 anni dalla grande crisi e non si può dire che il piano dei creatori del bitcoin non abbia avuto successo. Anche se forse non è il successo che i suoi fondatori avevano ipotizzato. Il paradosso infatti è che la vertiginosa impennata delle sue quotazioni (proprio ieri il prezzo ha toccato un nuovo massimo storico oltre 13mila dollari) è proprio ciò che impedisce la realizzazione del sogno della valuta digitale che soppianta le monete tradizionali come valore di scambio.
Il presupposto di base perché una valuta sia utilizzata è la stabilità delle sue quotazioni che è proprio ciò che manca al Bitcoin. Se l’obiettivo insomma era quello di sostituire le monete tradizionali come valore di scambio siamo ancora molto lontani dalla sua realizzazione. In compenso però le fluttuazioni record sono oro colato per i grandi speculatori che fanno affari con il trading. Se c’è un utilizzo massiccio che oggi viene fatto del bitcoin è soprattutto questo. Non l’acquisto di beni e servizi ma la pura speculazione finanziaria. Un gioco ad alto rischio che dai prossimi giorni potrebbe arricchirsi di un nuovo importante strumento: i contratti futures per scommettere sull’orientamento futuro del prezzo. Due delle principali piattaforme di scambio di derivati: Cboe e Cme hanno ottenuto il via libera dalla CFTC, l’agenzia federale Usa che vigilia sul mercato dei derivati, per trattare futures sul prezzo del Bitcoin. Non sono i primi ad entrare in questo mercato dato che già su LedgerX, una clearing house fondata da ex trader di Goldman Sachs, è possibile fare trading sui future dei Bitcoin. Ma il fatto che a contendersi la torta siano due colossi come Cme (51 miliardi di dollari di capitalizzazione e 3,6 di ricavi) e la rivale Cboe (14 miliardi di capitalizzazione e 1,7 di ricavi) sulle cui piattaforme ogni giorno transita un colossale volume di scambio di derivati è un fatto che cambia completamente le carte in tavola.
Ciò ha contribuito a far salire ancora il prezzo che, nel corso della seduta di ieri, ha toccato un massimo storico di 13mila dollari. Numeri che hanno portato il controvalore complessivo dei bitcoin in circolazione a superare la soglia dei 200 miliardi di dollari secondo il sito Coinmarket cap.
La possibilità di trattare futures sul Bitcoin farà inevitabilmente aumentare le transazioni ma non è detto che l’impatto sul prezzo sia per forza di cose positivo. Secondo alcuni osservatori anzi l’ingresso nel mercato dei futures di due colossi come Cme e Cboe (a cui dovrebbe aggiungersi nel 2018 anche il Nasdaq) renderà meno oneroso e rischioso scommettere al ribasso sul prezzo della criptovaluta. Se oggi andare short sul Bitcoin è un’operazione decisamente più rischiosa e costosa che andare long (ossia comprare sperando nel rialzo) dal 10 e dal 18 dicembre (giorno di debutto dei futures rispettivamente su Cboe e Cme) potrebbe non essere più così. Per questa ragione secondo alcuni investitori l’appuntamento potrebbe essere una storica occasione per andare short sulla criptovaluta la cui ascesa irresistibile secondo una buona parte del mercato è più frutto dell’esuberanza irrazionale del mercato (leggi maxi-bolla speculativa) che il frutto di un reale spodestamento delle valute tradizionali, cosa peraltro ben lontana dal realizzarsi effettivamente. Dalla sua nascita il Bitcoin è sempre stato bersaglio dello scetticismo della finanza tradizionale che non lo ha mai considerato un’alternativa credibile allo status quo. Chi fino ad oggi ha fatto previsioni sullo scoppio della bolla è stato smentito dai fatti visto che il prezzo ha continuato ininterrottamente a salire. Chissà se con qualche freccia in più al loro arco gli scettici riusciranno a riscattarsi...
.@franceschi_and
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