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I bitcoin nell’agenda del prossimo G20

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INTERVENTO

I bitcoin nell’agenda del prossimo G20

Reuters
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Parigi mette nell'agenda del prossimo G20 il tema bitcoin: per il ministro delle Finanze francese Le Maire si tratta di una “risorsa speculativa che può dissimulare ogni tipo di attività illegale; è necessario esaminarlo e vedere come, insieme a tutti i Paesi del G20, possiamo regolarlo”. Le preoccupazioni spaziano dalla tutela dei risparmiatori, ai rischi di finanziamento del terrorismo, passando dal riciclaggio di denaro. C'è da apprezzare la lucidità di porre il tema bitcoin a livello globale, riconoscendo come velleitario l'ambito nazionale e inadeguato quello europeo. Ed è incoraggiante se ne auspichi un esame, cioè un'attività mirata alla comprensione di un fenomeno finora frainteso nelle sue caratteristiche e ambizioni.

Infatti, cos'è bitcoin? Per la prima volta in ambito digitale, siamo di fronte ad un bene trasferibile ma non duplicabile; spendibile una volta (a favore di Tizio) ma non due volte (a favore anche di Caio). Questa natura di bitcoin è intrinseca al protocollo informatico che lo definisce e non è garantita da una autorità o emittente, come capita invece col saldo di un conto corrente bancario. Inoltre bitcoin è un bene scarso, limitato a 21 milioni: l'emergere della scarsità in ambito digitale suggerisce un paragone con l'oro fisico. Se consideriamo il ruolo dell'oro nella storia della civilizzazione, della moneta e della finanza, possiamo intuire come il suo equivalente digitale possa essere dirompente nella nostra civilizzazione digitale e nel futuro della moneta e della finanza. Oggi assistiamo non tanto al montare di una bolla speculativa, quanto ad una confusa, disordinata, magari anche pericolosa, inarrestabile corsa all'oro.

“Regolare bitcoin” suona velleitario come l'intenzione di regolare l'oro fisico: bitcoin è tecnologia nativamente permissionless, indifferente alla regolamentazione tanto quanto le caratteristiche chimico-fisiche dell'oro. È invece necessario perseguire i crimini che utilizzassero bitcoin, come si fa con quelli che usano l'oro, l'euro o le partecipazioni azionarie. Certamente l'ecosistema bitcoin si presenta come un new wild west: l'oro attira truffatori, prestigiatori, ballerine e furfanti da baraccone; non ci sono mappe e lo sceriffo non è ancora arrivato in città. È però inutile negare che l'oro luccichi, tentare di imporgli vincoli tecnicamente non praticabili o peggio criminalizzarlo. Anzi, la trasparenza delle transazioni bitcoin (visibili a tutti seppur non riferibili esplicitamente ad attori identificati) lascia scie elettroniche che facilitano il lavoro d'indagine rispetto al contante, ai diamanti o all'oro fisico.

È appena partita al Chicago Mercantile Exchange la contrattazione dei derivati (futures) su bitcoin, mentre la compravendita del sottostante bitcoin (spot) avviene ancora su borse di scambio che non sono istituzioni finanziarie regolate. Le migliori borse ottemperano già alla normativa su antiriciclaggio, prevenzione del finanziamento al terrorismo e adeguata verifica: bisognerebbe incoraggiarne l'inclusione nel sistema finanziario, marginalizzando banditi e fuorilegge. Se davvero si vuole difendere il risparmiatore, bisogna consentirgli una semplice e sicura operatività in bitcoin, aiutarlo a discriminare tra l'oro digitale e il ciarpame di alternative coins che lo imitano, aiutarlo a comprendere l'insensatezza fraudolenta delle Ico (initial coin offering): normare in maniera inopportuna o criminalizzare bitcoin sarebbe invece un grave errore.

Siamo di fronte a un radicale cambio di paradigma: la decentralizzazione rende obsolescenti molte prassi su cui fondiamo la stabilità del nostro vivere civile. Pensare, ad esempio, di basare la sicurezza sul monitoraggio di massa delle conversazioni (e di quelle conversazioni particolari che sono le transazioni finanziarie) ha ormai gli anni contati. La crittografia le rende, infatti, imperscrutabili all'analisi: sarà meglio prenderne atto e non indulgere in pericolose forme di pigrizia intellettuale e operativa, adeguando strumenti d'indagine e criteri del diritto. Demonizzare bitcoin (e crittografia) non serve; anzi, la crittovaluta sta diventando una cartina tornasole della democrazia essendo sostanzialmente avversata in paesi come Cina, Russia e Venezuela. Comprendere (ed educare a comprendere) le complessità di una svolta che potrebbe essere epocale: questa è la sfida per il regolatore.

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