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L’Africa della fiducia e della jihad

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i volti di un continente

L’Africa della fiducia e della jihad

I risultati finali delle elezioni presidenziali in LIberia su un tabellone a Monrovia, la capitale
I risultati finali delle elezioni presidenziali in LIberia su un tabellone a Monrovia, la capitale

Il continente africano somiglia a un Giano bifronte. C’è un’Africa che guarda con fiducia al futuro, forte di una solida crescita economica e di un incoraggiante cammino verso la democrazia. Dove piccoli Paesi come la Liberia, dilaniata un tempo dalla guerra, festeggiano per la prima volta in 70 anni un democratico passaggio di potere da un presidente all’altro. Dove altri Paesi si stanno scrollando di dosso longevi dittatori e presidenti quasi a vita. Ma c’è anche un’Africa ancora prigioniera di vecchi conflitti, in balia della corruzione, governata da politici allergici ai diritti umani. L’Africa delle terre di nessuno, in cui jihadisti e trafficanti di armi e di uomini si muovono a proprio agio attraversando porose frontiere tratteggiate solo sulla carta.

Sahel tra jihadismo e migranti

La turbolenta Libia resta la priorità e la maggiore preoccupazione per i Paesi europei.Eppure la sua stabilizzazione passa per il Sahel.Nella parte centro-occidentale di questa enorme zona desertica l’Isis, sconfitto in Iraq e in Siria, sta costruendo la sua nuova roccaforte. Chad, Niger, Mali, Mauritania sono Paesi poverissimi in cui le più disparate organizzazioni terroristiche (tra cui al-Qaeda nel Maghreb, Isis, Mujao, Boko Haram), hanno trovato un terreno fertile per i loro affari criminali con cui si finanziano.

Niger: la partita più importante

Ed è proprio il Niger uno dei Paesi dove si giocherà la partita più importante.In questo fragile Stato,la città di Agadez è divenuta il principale nodo di transito per i migranti provenienti dall’Africa occidentale. La morte di Muammar Gheddafi (ottobre 2011) si è lasciata dietro un vuoto di potere. Si è venuto così a creare un “corridoio libico” che ha contribuito in misura esponenziale all’aumento del traffico di armi, droga e migranti in tutta la regione. Nonostante sia il quarto produttore al mondo di minerale di uranio (la Francia importa dal Niger il 40% dell’uranio usato nelle centrali nucleari) il Niger è poverissimo. Tanto da esser precipitato da tempo all’ultimo posto nella classifica dell’indice mondiale dello sviluppo umano.Il reddito medio annuo è di 627 dollari, la speranza di vita è di 50 anni, quasi 2/3 della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Un terreno ideale per la propaganda dei gruppi estremisti.

Per contrastare la loro azioni è nata nel 2014 la G5 Sahel Joint Force. Formata da Burkina Faso, Mali, Mauritania, Niger e Chad, con il supporto dell'Unione Africana, dell’Onu e di alcuni Paesi come Francia e Stati Uniti (ora anche l’Italia con mansioni di addestramento militare),la missione ha diversi - e ambiziosi - obiettivi:il coordinamento di questi Paesi a livello regionale, soprattutto sulla difesa, la messa in sicurezza dei confini, il contrasto al traffico di droga e di esseri umani,la lotta al terrorismo.I risultati non sono entusiasmanti. Tanto che nel 2017 300mila migranti sono transitati dal solo Niger.

La speranza di Weah

Quest’Africa non ispira fiducia.Occorrerà del tempo prima che guarisca dai suoi mali.Eppure poco distante,qualcuno ce la sta facendo. È la piccola Liberia,dove è ancora fresco il ricordo della tragica epidemia di Ebola(2014-2015).Il regno dell’ex presidente Charles Taylor,condannato per crimini contro l’umanità, porta ancora i segni della feroce guerra civile(1989-2003) che ha provocato 300mila vittime. La vittoria,giovedì,alle elezioni politiche dell’ex calciatore del Milan George Weah è solo l’ultimo passo di un cammino intrapreso da tempo verso la democratizzazione e la pace. Prima di lui era stata votata la prima donna presidente dell’Africa: Ellen Johnson Sirleaf,insignita del Nobel per la Pace. I problemi restano, a cominciare dalla povertà (67%dei liberiani). Ma quando vi sono uomini determinati a a risolverli, e quando la popolazione li sostiene compatta, si può innescare un processo virtuoso.

L’Africa che corre veloce

Ne è un esempio il Ghana. Capace di registrare una crescita media del Pil pari all’8,7% dal 2008 al 2013. E che,secondo le proiezioni del Fondo Monetario Internazionale, dovrebbe registrare un aumento del 5,8% del Pil nel 2017 e del 9,2% nel 2018(il più alto dell’Africa). A oriente la Costa d’Avorio è un altro esempio di come si possa uscire da una guerra civile, avere elezioni tutto sommato democratiche, e divenire un’economia capace di attrarre investimenti.Nel 2016 è stato il Paese africano con il più elevato incremento del Pil (+8,5%). Un trend che dovrebbe continuare con una media del 7% nel 2017 e nel 2018. E che dire del piccolo e pacifico Togo? Cresciuto del 5% negli ultimi tre anni, è divenuto la capitale della finanza dell’Africa occidentale, la base logistica per le banche straniere desiderose di espandersi in Africa.

Nigeria: il gigante africano

Paesi piccoli, ma molto dinamici. Sui quali incombe l’ingombrante presenza della Nigeria. Il gigante africano (nel 2014 è divenuta la prima economia del Continente) è ancora alle prese con instabilità, corruzione, la guerriglia contro i terroristi di Boko Haram. E seppur la dipendenza dal petrolio resti ancora eccessiva, il processo di diversificazione dell’economia sta proseguendo gradualmente. Tra i nuovi settori risalta l’ormai terzo mercato cinematografico mondiale: Nolliwood. Uscita da pochi mesi dalla recessione, quest’anno la Borsa di Lagos ha registrato una crescita del 47%(una delle migliori al mondo). Il cammino dell’Africa verso lo sviluppo e la stabilità passerà necessariamente dal più popoloso Paese del Continente .

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