
La battuta ha fatto il giro del mondo: «Anch’io ho un Pulsante Nucleare, ma è molto più grosso & più potente del suo, e il mio Pulsante funziona!» Punteggiatura, enfasi e maiuscole sono tutte d’autore. E l’autore di questa Guerra dei Bottoni è il presidente americano, Donald Trump, in risposta al vanto del leader nordcoreano Kim Jong-un di avere, appunto, ormai un Nuclear Button sulla scrivania. Ma anche un altro gesto ha ieri trovato eco internazionale: le due Coree hanno riallacciato dopo due anni i loro canali di comunicazione diretta.
Il contrasto non potrebbe essere più profondo, preoccupante e incoraggiante allo stesso tempo. La guerra dei bottoni ha inaugurato la politica estera americana del 2018 con gli stessi toni che hanno tenuto sulle spine alleati e avversari nel primo anno dell’era Trump. Toni che solo in apparenza hanno del faceto: il timore è che al di là di esercizi retorici e un po’ (troppo) puerili per scaldare una “base” domestica arrabbiata e isolazionista tradiscano debolezze e vuoti di questa amministrazione.
Lo scetticismo in politica estera può esser d’obbligo. Ma non sostituisce la leadership, soprattutto di una super-potenza come gli Usa. Un ruolo forse scomodo in un mondo complesso ma necessario, al quale pare invece prona ad abdicare. È così piuttosto Seul che sembra oggi indicare questa strada. Si è smarcata da Washington. Ha raccolto la sfida insita nei nuovi spiragli di apertura di Kim, o quantomeno ha deciso che vale la pena chiamare il suo bluff. Ha rilanciato, proponendo incontri bilaterali il 9 gennaio, per discutere la partecipazione di una delegazione nordcoreana alle Olimpiadi invernali in Corea del Sud. Pyongyang e Seul ieri hanno dato seguito al mini-disgelo riaprendo linee di comunicazione telefonica mute ormai dal gennaio 2016: il Nord ha chiamato il Sud nel villaggio di confine di Panmunjom, dove funzionari dei due Paesi hanno avuto colloqui di venti minuti.
La strana dinamica tra Seul e Washington presenta tuttavia insoliti rischi globali. La Casa Bianca di Trump rimane influente protagonista, atta a nutrire incomprensioni e confusione. E a prestare loro assai meno cura all’effetto-shock, considerato gratificante, delle esternazioni sui social media. Questo potrebbe minare lo sviluppo di approcci diplomatici seri e severi con Pyongyang per neutralizzare un’escalation nucleare e un regime brutale, a conti fatti l’opzione preferita della stessa Washington. Divisioni potrebbero rendere più fragile il fronte internazionale delle sanzioni. È presto per sapere se i gesti distensivi tra le due Coree diventeranno più che formalità e retorica. Ma certo offrono più speranze della Guerra dei Bottoni.
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