Mateusz Morawiecki ha confermato ieri in Ungheria tutti i timori dell’Unione europea sulla deriva nazionalista della Polonia. Il nuovo premier polacco ha fatto visita a Viktor Orban a Budapest, per rinsaldare con il leader ungherese un’alleanza rischiosa per tutta l’Europa. L’intesa tra i due è stata totale: sul rifiuto della gestione comunitaria dei migranti; sul futuro dell’integrazione Ue; nella promessa di contrastare assieme le sanzioni di Bruxelles sullo stato di diritto; e anche nel rivendicare un ruolo di peso nelle imminenti discussioni sul budget che definirà come distribuire, dopo il 2020, i fondi Ue di cui oggi la Polonia è il primo beneficiario. Morawiecki, usualmente riservato e schivo, ha mostrato una sincera vicinanza anche personale nei confronti del più espansivo Orban. «Per quanto riguarda i migranti e le quote di ripartizione che la Ue avrebbe voluto imporre agli Stati membri, noi continuiamo - ha detto Morawiecki - a opporci: rifiutiamo questo approccio e queste regole che, come è evidente, violano le decisioni sovrane degli Stati membri». E immediata è giunta la conferma del sodale Orban: «La politica dell’Unione europea sui migranti ha fallito». E quando Morawiecki ha annunciato un fronte unito dei Paesi dell’Europa centro-orientale nei prossimi negoziati per il budget a partire dal 2021, Orban di nuovo ha sottolineato la necessità di una svolta nelle relazioni con le istituzioni di Bruxelles e con i partner nella Ue, quasi rivolgendosi alla Germania, alla Francia e all’alleanza tra Angela Merkel e Emmanuel Macron per le riforme e una maggiore integrazione, soprattutto sulle politiche economiche e fiscali: «Vogliamo e dobbiamo avere una voce più forte, i Paesi dell’Europa centrale hanno una chiara visione sul futuro dell’Europa». La nomina di Morawiecki alla guida del governo aveva fatto sperare in una maggiore flessibilità e apertura verso l’Europa della destra ultraconservatrice polacca. Morawiecki è considerato un moderato dentro a Diritto e Giustizia, il partito di Jaroslaw Kaczynski, tornato al potere alla fine del 2015. Figlio di un attivista anticomunista perseguitato dalla repressione del regime filosovietico, compirà 50 anni quest’anno. Economista di formazione, ha studiato in Germania, in Svizzera e negli Stati Uniti. Da solo due anni è entrato in politica, dopo essere arrivato ai vertici della finanza nazionale con la presidenza di Bank Zachodni, la terza banca del Paese, controllata dal Gruppo Santander. Come ministro delle Finanze ha messo a punto, a metà 2016, un piano di sviluppo dell’economia che, tra le misure nazionaliste (soprattutto nella dichiarata intenzione di favorire gli investimenti polacchi) e alcune concessioni alla parte più conservatrice della società (con gli aiuti alle famiglie che fanno figli e l’attenzione alle zone rurali), intende sostenere la reindustrializzazione e favorire nelle zone speciali le imprese che fanno innovazione: con «l’obiettivo - sono parole di Morawiecki - di rendere più responsabile la rapida crescita dell’economia», che non si è fermata nemmeno durante la grande recessione globale.
«La maniera in cui è stato scelto da Kaczynski - spiega un economista che ha lavorato a lungo con il premier polacco nel settore privato - fanno di Morawiecki il nuovo uomo forte della politica nazionale. Ma proprio i legami con Kaczynski svelano la sua parte meno liberale e più conservatrice. Patria, religione e famiglia sono valori in cui crede fortemente e che l’hanno portato a rinunciare ai ricchi stipendi da banchiere per intraprendere una missione politica all’interno della destra: per Morawiecki lo Stato deve essere una guida dell’economia, non a caso il 40% delle banche del Paese è oggi controllato dal pubblico».
Il sodalizio con l’Ungheria, riconfermato ieri nell’incontro di Budapest, blocca ogni possibilità che la Ue riesca a sanzionare la Polonia per una riforma della Giustizia che annulla l’autonomia della magistratura violando i principi dello stato di diritto. Ma è sul nuovo budget che lo scontro si farà duro tra i Paesi dell’Est e il resto dell’Unione. Tra il 2014 e il 2020, la Polonia riceverà dall’Europa oltre 100 miliardi di euro, l’Ungheria raggiungerà i 23 miliardi. Tuttavia, gli equilibri a Bruxelles sono cambiati (anche per l’uscita del Regno Unito) e cambierà anche la suddivisione dei fondi. Lo sa bene Morawiecki che con Orban reclama «una voce più forte in Europa»: per la patria, per la fede, per la famiglia ma soprattutto per permettere all’economia polacca di continuare a correre.
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