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Macron chiede a Xi reciprocità

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viaggio a pechino

Macron chiede a Xi reciprocità

Emmanuel Macron (a sinistra) con il presidente cinese Xi Jinping a Pechino
Emmanuel Macron (a sinistra) con il presidente cinese Xi Jinping a Pechino

Reciprocità: è la parola d’ordine che anima la visita di Emmanuel Macron a Pechino. Il presidente francese - che ha raggiunto il leader cinese Xi Jinping con una ricca agenda - chiede «regole bilanciate» nei rapporti tra Francia, Ue e il gigante asiatico.

Non è un caso quindi che la visita sia iniziata a Xian, l’antica capitale nota per ospitare l’Esercito di terracotta, dove storicamente partiva la Via della seta. È infatti la Nuova via della seta, e la strategia di lungo termine che la sottende, che rende necessario un nuovo equilibrio tra Europa e Cina. «L’antica Via della seta - ha detto Macron a palazzo Daming, residenza della dinastia Tang - non è mai stata solo cinese. Per definizione queste strade possono solo essere condivise, e se sono strade non possono essere a senso unico». L’immagine non vuole solo proporre un coinvolgimento della Francia - a cui Xi non sembra volersi opporre - nell’iniziativa, che prevede 120 miliardi di dollari di investimenti. Il presidente francese vuole sicuramente, per il suo Paese, un accesso più ampio al mercato cinese e ha quindi insistito perché l’Europa abbia un atteggiamento meno «ingenuo» verso le politiche di Cina e Stati Uniti: ha così proposto misure anti-dumping sull’acciaio di Pechino, e controlli più rigidi sugli investimenti strategici di imprese extra-Ue, due passi che hanno scatenato le proteste cinesi.

La questione vera è però geopolitica. La Nuova via della seta è uno strumento per consolidare l’influenza di Pechino su un’area molto vasta (i sei corridoi terrestri più quello marittimo coinvolgono 65 Paesi), con i consueti, opachi, metodi della diplomazia cinese che alimentano l’inquietudine dei governi occidentali. «Queste strade non possono essere strade di una nuova egemonia, che trasformino in vassalli i Paesi che attraversano », ha allora detto.

Macron vuole anche andare oltre; «sono venuto a dirvi che l’Europa è tornata», ha aggiunto. Proporrà quindi alla Cina - che visiterà, ha detto, ogni anno - maggiore collaborazione in tutte le aree considerate strategiche da Pechino. Non solo l’Asia centrale, dunque, ma anche l’Africa dove la Francia conserva forti interessi.

Trattando con la Cina, il rischio è che Macron torni a Parigi con pochi risultati spendibili in politica interna, come è accaduto a Donald Trump. Non basteranno le eventuali aperture ottenute - come è accaduto per gli Usa - sui servizi finanziari (manager di Bnp Paribas, Société Générale e Bpce Natixis sono al seguito del presidente); e forse neanche la possibile sigla per un maxi ordine ad Airbus (si parla di un centinaio di A320, A300 e A350, ma in prospettiva anche di un ruolo cinese nella costruzione dell’A380, per attrarre ordini). Sui diritti umani, Macron potrà poi dire poco (e in uno «spirito di efficienza», hanno spiegato a Bloomberg fonti francesi).

Sarà probabilmente il tema del cambiamento climatico, sul quale Macron e Xi sono già ampiamente d’accordo, a fare allora da sostegno politico e mediatico all’incontro: Macron ha affidato a questo dossier - anche in chiave anti-Trump, utile a casa e all’estero - un elemento importante nella sua azione di costruzione del consenso. «Propongo al presidente Xi un anno di transizione franco-cinese, nel 2018-2019, per mobilitare le nostre compagnie, le nostre start-up, le nostre città, le nostre regioni e per mostrare al mondo che noi, francesi e cinesi, siamo in grado di fare il nostro pianeta grande e bello di nuovo», ha quindi detto. E perché tutto si tenga, l’Agenzia francese per lo sviluppo e la China Development Bank dovrebbero firmare un accordo di cofinanziamento di progetti contro i cambiamenti climatici in Africa, mentre al seguito del presidente ci sono, in cerca di intese, anche i manager di Edf e Areva, specializzata in nucleare ed energie alternative.

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