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Svizzera alle urne per abolire il canone radiotelevisivo

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referendum il 4 marzo

Svizzera alle urne per abolire il canone radiotelevisivo

Mentre in Italia si discute, per ora in teoria, dell'abolizione o meno del canone Rai, in Svizzera ci si avvia concretamente ad un voto popolare sulla stessa materia. Gli elettori elvetici si pronunceranno sulla questione il 4 marzo prossimo (stessa data delle elezioni politiche italiane, ma è pura coincidenza). Il dibattito si sta già ora infuocando nella solitamente quieta Confederazione.

Il fatto è che i sondaggi mostrano che questa volta c'è la possibilità che ci sia una maggioranza a favore dell'abolizione del canone per la radiotelevisione pubblica svizzera (SRG nella parte tedesca, SSR in quella francese, RSI in quella italiana), che sin qui è stata una sorta di monumento trilingue alla coesione federalistica elvetica ed è stata spesso presa ad esempio anche fuori dai confini elvetici.

Un sondaggio dei giorni scorsi conferma che il 51% è favorevole all'iniziativa contro il canone, mentre il 45% è contrario all'iniziativa e il 4% è indeciso. C'è da stropicciarsi gli occhi, se si considerano la storia della Svizzera e della sua radiotv pubblica. Eppure, questo è il quadro. I contrari all'abolizione del canone sperano in un cambiamento tra gli elettori nelle prossime settimane e puntano anche, ultima spiaggia, sul fatto che occorre una doppia maggioranza (elettori e cantoni) per far passare questa iniziativa, che tocca anche l'assetto costituzionale elvetico. Questo è un ostacolo in più per i fautori dell'abolizione, anche se non è detto che sia decisivo.

La raccolta di firme è partita a fine 2015, promotori alcuni dirigenti dei giovani liberali e dei giovani Udc (destra nazionalista). Una raccolta che ha avuto successo e che ora porta al voto. L'iniziativa “No Billag” (dal nome della società che ha a lungo raccolto il canone) propone che non vi sia più alcun pagamento per la radiotv pubblica e che si passi dal 2019 a un sistema di aste per le concessioni radiotelevisive. Partita in sordina, l'iniziativa incute ora timore, perché non si capisce come potrebbe restare in piedi con il nuovo sistema la radiotv pubblica, che già fronteggia la concorrenza delle emittenti straniere e a cui non può bastare la limitata raccolta pubblicitaria. Ciò è tanto più sottolineato per la Svizzera francese e quella italiana, che hanno in termini di canone più di quanto incassano nelle rispettive regioni (è la Svizzera tedesca a ceder risorse alle sorelle, in omaggio al federalismo). Inoltre, anche 34 televisioni e radio private regionali prendono una fetta del canone, piccola ma molto importante per i loro conti. Ciliegina su una torta dal sapore incerto, anche i giornali elvetici sono preoccupati, perché, senza canone, radio e tv pubbliche e private dovrebbero far maggiore ricorso ad un mercato pubblicitario che è già in contrazione di suo.

Per i sostenitori dell'iniziativa il nuovo sistema porterebbe i cittadini ad essere più liberi e con qualche soldo in più in tasca. Per quanti si oppongono, la Svizzera avrebbe una caduta drammatica nella sua coesione nazionale, nella qualità dei programmi, nei posti di lavoro nel settore. Ma come si è arrivati a questo battaglia sul filo di lana? Anzitutto occorre considerare che il canone in Svizzera è diventato in realtà una tassa da pagare (come in altri Paesi) e che si tratta di una cifra non proprio piccola: 451 franchi (385 euro) annui, che dopo le ultime polemiche sono stati abbassati peraltro a 365 franchi (312 euro). C'è poi da pensare che il pubblico più giovane anche in Svizzera, come altrove, mostra un interesse minore verso radio e televisione, in proporzione al maggiore interesse invece verso computer e telefonini; il seguito più consistente per radio e tv è anche qui tra gli adulti e gli anziani. Infine, c'è una polemica politica presente ormai da anni; la destra nazionalista elvetica indica da tempo che la radiotv pubblica è troppo orientata verso l'area del centro-sinistra, soprattutto per quel che riguarda l'informazione. La critica è sempre stata respinta, ma anche questa polemica contribuisce ora a rendere incerto l'esito di questo inusuale voto popolare del 4 marzo.

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