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La diaspora che spaventa la Lettonia: dal 1990 un quarto di abitanti in meno

Porto di Riga (Olycom)
Porto di Riga (Olycom)

L'ultimo allarme è stato lanciato dall'edizione europea di Politico, ma il problema è noto da tempo: la popolazione della Lettonia - che alla vigilia dell'indipendenza dall'Unione sovietica, nel 1990, superava i 2,6 milioni – continua a calare ed è scesa, nel 2017, a 1,95 milioni. Un quarto in meno. E se all'inizio l'esodo era spiegabile con il ritorno in Russia di migliaia di persone trasferite nella repubblica baltica ai tempi dell'Unione sovietica, dal 2004 in poi un ruolo chiave è stato giocato dall'adesione di Riga all'Unione europea, costato un'ulteriore flessione, superiore al 10 per cento. Tanto che, proprio con l’ingresso nella Ue, il governo decise di istituire un ambasciatore responsabile per la “diaspora”.

LA DIASPORA LETTONE
Popolazione residente

Alla ricerca di salari migliori
Alla base di questo trend negativo, che continua e che con cifre analoghe è riscontrabile anche nella vicina Lituania, ci sono anche fattori non economici, come la diminuzione del tasso di natalità (uno dei più bassi in Europa). La parte più consistente del flusso migratorio è costituita però da lavoratori, perlopiù giovani e spesso anche qualificati, diretti in Gran Bretagna (si stima che siano almeno 100mila i lettoni che vivono oggi nel Regno Unito), Irlanda o Germania alla ricerca di migliori condizioni. Motivazione facilmente comprensibile con un salario medio mensile che, in Lettonia, è di soli 670 euro.

Le ricadute negative sul Paese
Le prime ripercussioni negative sono naturalmente economiche. La mancanza di manodopera - segnalano gli addetti ai lavori - crea problemi interni e allontana gli investitori stranieri, con ricadute negative sulla crescita compensate solo in parte dalle rimesse degli emigranti, che tendono peraltro a diminuire negli anni. Senza contare il gettito fiscale, in diminuzione, e la sostenibilità del sistema previdenziale, con una popolazione che tende a invecchiare.

La seconda preoccupazione è di ordine strategico-militare, in un Paese che - anche dopo l’ingresso nella Nato - si sente costantemente minacciato dal potente vicino russo e teme di trovarsi a corto di soldati in caso di emergenza. Anche se, va precisato, la sicurezza militare lettone dipende inevitabilmente dal sostegno degli alleati più che dalle forze proprie.

C’è infine un timore di ordine più generale: quello di un Paese che si sente condannato al declino. «Ci stiamo estinguendo» ha dichiarato qualche tempo fa al quotidiano Telegraph Peteris Zvidrins, uno dei più noti demografi della Lettonia. Se l’esodo continuerà a questi ritmi, del resto, si prevede che la popolazione scenderà a 1,3 milioni entro il 2060.

Come invertire il trend
Il governo ha messo in atto un grosso sforzo per invertire la tendenza e si coglie qualche timido segnale di cambiamento. Un buon numero di giovani ha iniziato a spostarsi a Riga, la cui popolazione -640mila persone - è leggermente aumentata dopo anni di flessione. Aumenta anche il numero di emigrati che tornano in Lettonia, che nel 2016 ha toccato il 40% di quanti invece sono partiti (nei tre anni precedenti il dato aveva oscillato tra il 26 e il 37%). I prossimi anni diranno se è più di un segnale.

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