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Perché la Corporate America accorre in difesa dei migranti

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GIRO DI VITE DI TRUMP

Perché la Corporate America accorre in difesa dei migranti

NEW YORK - Gli agenti sono piombati sui negozi della catena a basso costo 7-Eleven da una costa all’altra degli Stati Uniti. Senza preavviso. Hanno perquisito un centinaio di locali in 17 stati da New York e New Jersey alla California. Controllato i documenti d’immigrazione dei dipendenti. E sono ripartiti con un “bottino” di oltre venti sospetti arrestati. Sospetti perché non hanno potuto provare la loro presenza legale nel Paese o presentare “paper” che dimostrano il diritto a lavorare.

È stata la più grande retata nazionale, ha vantato l’amministrazione, contro i clandestini e una singola azienda. L’Immigration and Custom Enforcement, l’Ice, l’ha dichiarata un successo: «Invia un forte messaggio a business che assumano e impieghino illegali. Faremo rispettare la legge». Ma in ballo non è solo legge e ordine. A tradire la posta in gioco, ben più ampia e politica, ci ha pensato il vicedirettore dell’Ice Thomas Homan. «Continueremo i nostri sforzi per proteggere gli impieghi dei lavoratori americani», ha detto Homan. Parte insomma di crociate anti-immigrazione - compresa quella legale - dell’amministrazione Trump.

Il messaggio della retata-shock, così, è diventato anzitutto un altro: qui, come sull’ambiente e il commercio, la Corporate America è in rotta di collisione con Donald Trump e le correnti ultraconservatrici e populiste repubblicane. Una sfida che le aziende - dal tech al manifatturiero, dalle costruzioni ai servizi - stanno raccogliendo però all’unisono e con sempre minor timidezza. Per ragioni di business - la penuria di lavoratori con un tasso di disoccupazione ai minimi(4,1%) e i posti scoperti ai record (sei milioni) - come di valori di apertura e globalizzazione.

È stato il direttore della US Chamber of Commerce, la più grande associazione imprenditoriale americana, a mettere in chiaro lo scontro in atto nel suo intervento di inizio 2018. Ha detto che la stessa agenda economica della Casa Bianca è messa a rischio da una “dottrina” Trump a base di espulsioni e guerra agli ingressi nel Paese. «Ci sarà una sollevazione», ha previsto Thomas Donahue nel suo State of American Business, se il Presidente procederà nella cacciata di 690.000 Dreamers, i clandestini giunti da bambini, e di 200.000 salvadoregni arrivati quali rifugiati dai terremoti e beneficiari finora del programma speciale Temporary Protected Status. Almeno 30.000 coniugi di immigrati ultra-qualificati, detentori di visti H-1B, dovrebbero a loro volta presto perdere i loro diritti. «Pensiamo a cosa significherebbe oggi togliere un milione di lavoratori dalla nostra economia - ha denunciato Donahue - Pensiamo a chi sono queste persone, i nostri vicini di casa». Ancora: «Se lanciamo un piano da mille miliardi per le infrastrutture, non possiamo realizzarlo solo con i lavoratori attuali». Espliciti sono oggi anche gli striscioni sulla facciata della Chamber: “America, Costruita da Dreamers”, da sognatori.

Singole aziende si sono a loro volta sempre più schierate sull’immigrazione, formando alleanze a volte improbabili. Tim Cook, amministratore delegato progressista di Apple, ha firmato il mese scorso un “manifesto” sul Washington Post assieme al chief executive e finanziatore repubblicano Charles Koch di Koch Industries. I due hanno sottolineato come, sul salvataggio dei Dreamers, non ci siano divisioni: «È un imperativo politico, economico e morale. Una questione inequivocabile e siamo fermamente allineati».

Equivoci - e espedienti politici - regnano invece tuttora tenendo alta la tensione. Trump è parso favorevole a compromessi parlamentari sui Dreamers, che altrimenti comincerebbe a espellere a marzo. Solo per rilanciare che vuole assieme fondi per un nuovo muro contro il Messico, ignorando i segni che paura e recinti oggi non fermano le pressioni migratorie: l’effetto-Trump sembra finito, con gli ingressi tentati a Sud del Paese raddoppiati da primavera a 40.000 al mese, mille al giorno. Un gruppo bipartisan intanto studia al Senato leggi moderate, ma alla Camera i repubblicani hanno presentato una proposta radicale: visti temporanei ai Dreamers accoppiati a retate contro i clandestini e sforbiciate all’immigrazione legale.

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