L’Europa riprende a muoversi. Lo stallo dei mesi scorsi, la fascinazione di molti politici per il consenso guadagnato da movimenti e temi populisti, gli strappi di Brexit da una parte e delle riforme autoritarie di Polonia e Ungheria dall’altra sembrano dover ora passare in secondo piano e lasciar emergere la volontà di andare avanti.
I due protagonisti, la cancelliera Angela Merkel giunta a quello che potrebbe essere il suo ultimo quadriennato, e il giovane presidente Emmanuel Macron, inatteso catalizzatore della rinascita francese, si incontreranno oggi a Parigi per parlare del futuro della Ue e di Eurolandia. Entrambi hanno svolto la campagna elettorale, quasi in contemporanea, sfidando i populismi con un messaggio europeista, più forte e deciso in Francia - dove il Front National è stato sconfitto e rischia di squagliarsi - meno intenso in Germania, dove l’affermazione di Alternative für Deutschland ha messo in difficoltà i partiti tradizionali e complicato la formazione del Governo.
A settembre, in un discorso alla Sorbona, Macron aveva quindi lanciato un ampio piano di proposte per rilanciare il progetto europeo, al quale però mancava un elemento fondamentale: il sostegno - anche solo di metodo - della Germania, allora in pieno stupore post-elettorale. A Berlino, un accordo di governo - per ora provvisorio - per riproporre la Grande Coalizione è stato ora concluso e prevede un rapporto stretto tra Berlino e Parigi: i colloqui franco-tedeschi possono riprendere.
Merkel è stata così preceduta ieri dal suo ministro delle Finanze Peter Altmeier che ha incontrato il collega francese Bruno Le Maire per preparare il terreno di una riforma della governance europea. «Abbiamo una prorità immediata che è il completamento dell’Unione bancaria e dell’Unione dei mercati dei capitali e la convergenza fiscale con la Germania», ha detto Le Maire, che punta a raggiungere una posizione comune «tra marzo e giugno», senza chiudere la porta alla partecipazione di altri Paesi «come Italia o Spagna». Un’intesa si sta raggiungendo anche sul tema della gestione delle sofferenze, particolarmente sentito dall’Italia, che la Germania vuole sia affrontato con rigore.
Un ulteriore passo in avanti sarà compiuto lunedì, giorno del 55° anniversario del Trattato dell’Eliseo sui rapporti tra i due Stati: l’Assemblée nationale e il Bundestag approveranno una risoluzione comune che aprirà la strada per un nuovo accordo. Non è la prima volta, in realtà: anche nel 2012, in occasione del 50° anniversario del Trattato, Merkel aveva firmato con François Hollande una solenne Dichiarazione di Berlino che sembrava dovesse rilanciare i rapporti con i due Paesi. Macron ha però puntato molto sui temi europeisti e, allo stesso tempo, ha ipotizzato una forte convergenza dei sistemi giuridici e fiscali dei due Paesi per rilanciare la Francia e riagganciarla alla locomotiva tedesca senza subire la concorrenza del suo sistema-Paese. Il rapporto con la Germania, per lui, è essenziale.
L’unico scoglio da superare è allora il congresso del Partito socialdemocratico tedesco, domenica. Il vertice della Spd si è accordato con i cristiano-democratici della Cdu-Csu per rinnovare una Grande coalizione, ma ora deve esprimersi la base del partito. Anche Parigi ne aspetta l’esito.
In queste circostanze, il summit Francia-Gran Bretagna, ieri, non è stato un excursus né un incontro quasi tecnico legato al tema, pur centrale, del confine britannico a Calais. Una volta confermata l’intoccabilità delle quattro libertà di movimento della Ue (beni, servizi, capitali e persone), diversi Paesi membri sembrano pronti a costruire un rapporto stretto con Londra, anche sul delicato tema dei servizi finanziari. Lussemburgo, Olanda, Spagna sembrano sfumare le loro posizioni e Macron - che a settembre aveva detto «in quest’Unione europea ripensata, semplificata che propongo, non immagino che il Regno Unito non possa trovare il suo posto» - sembra voler assumere una leadership anche sul dopo-Brexit.
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