DAVOS - Mai invitato come uomo d’affari, Donald Trump è sbarcato ieri a Davos come presidente degli Stati Uniti. È arrivato a bordo del Marine One, scortato da un convoglio di elicotteri militari, da Zurigo, dove era atterrato in mattinata con l’Air Force One. Ad accoglierlo, Trump ha trovato lo scetticismo dell’élite liberal del World Economic Forum, ancora galvanizzata dalla difesa del multilateralismo fatta ieri dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e dal presidente francese Emmanuel Macron.
Gli incontri bilaterali
Trump aveva una serie di incontri bilaterali, tra cui quelli con il premier britannico Theresa May e con il premier israeliano Benjamin Netanyahu (conditi dalla solita entusiastica salva di tweet). Ha attraversato i locali del Wef calamitando l’attenzione di una folla un po’ divertita, un po’attonita. Si è anche fermato a rispondere alle domande di qualche cronista e lasciandosi fotografare. «Sono felice di essere tra voi, ha detto». Resta da chiarire quanto i partecipanti del Forum siano felici di essere con lui: «Ho visto Trump, avrei preferito non vederlo», sospira una giovane delegata. Il messaggio che porterà al Forum? «Pace e prosperità», ha proclamato Trump, in quello che è stato solo l’antipasto della giornata clou, oggi, quando terrà il suo discorso.
Correzione di rotta sul dollaro
Il suo arrivo è stato preparato dall’annuncio dei dazi su lavatrici e pannelli solari e dalla delegazione mandata in avanscoperta a propagandare il mantra protezionista dell’America First. Con pesanti effetti collaterali: le irrituali dichiarazioni rilasciate mercoledì dal segretario al Tesoro Steven Mnuchin sul dollaro («se è debole aiuta l’export Usa») lo hanno mandato a picco. Ieri Mnuchin ha provato ad ammorbidire i toni: «La mia posizione non è un cambiamento di politica, magari è un po’ diversa da quella dei miei predecessori». E in serata Trump, in un’intervista alla Cnbc, dopo aver detto che il segretario al Tesoro non è stato capito, ha aggiunto di voler vedere «un dollaro forte» e che il biglietto verde si rafforzerà visto che il suo livello «dovrebbe essere basato sulla forza dell’economia Usa». In precedenza il governatore della Bce, Mario Draghi, aveva severamente bacchettato Mnuchin.
Il segretario al Tesoro Usa si è pronunciato anche sul commercio, annunciando l’intenzione di una visita ufficiale in Cina, per parlare del deficit Usa e di Corea del Nord. Dal canto suo, il segretario al Commercio, Wilbur Ross, che mercoledì aveva parlato di «truppe Usa sulle barricate della guerra commerciale», ieri ha aggiunto che Trump «preferisce gli accordi bilaterali».
Un po’ di acqua sul fuoco è arrivata da Gary Cohn , consulente per gli affari economici della Casa Bianca: «America First, non significa America da sola. Quando gli Usa crescono, cresce l’economia mondiale, quando cresce l’economia mondiale, crescono gli Usa. Siamo parte dell’economia mondiale, il presidente ne è convinto».
Le critiche del forum
Ma le preoccupazioni restano. Un vero coro. Il direttore generale dell’Fmi, Christine Lagarde ha detto che questo «non è il momento per una guerra valutaria, né per misure che possono danneggiare la crescita mondiale». Il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, ha affermato che il mercato dei cambi deve riflettere i fondamentali economici. Quello italiano, Pier Carlo Padoan, si è detto più preoccupato dalla prospettiva di una guerra commerciale.
Per il commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici, «è un bene che Trump venga qui ad ascoltare la voce di chi auspica un’America aperta e presente nel mondo, che sceglie il multilateralismo e rifiuta il protezionismo». Mentre il commissario al Commercio, Cecilia Malmström, si è limitata a dire: «Non voglio parlare prima di ascoltare quello che Trump dirà, non so cosa dirà, penso che siano ben pochi a saperlo». Non ha avuto bisogno di aspettare, invece, il direttore generale della Wto, Roberto Azevedo: decisioni unilaterali, creano un «effetto domino» di azioni e ritorsioni che «è molto difficile da controllare e invertire». Anche la premier britannica Theresa May si è aggiunta al coro: «Tutti devono promuovere un commercio libero ed equo», ha detto nel suo intervento. Aggiungendo però che «troppo spesso alla retorica liberale di Davos non seguono i fatti» e che «la Wto deve riformarsi in profondità».
Nell’agenda di Trump c’è anche un incontro con il presidente del Ruanda e dell’Unione africana, Paul Kagame. Ma molte delegazioni di Paesi del continente stanno pensando di abbandonare la sala conferenze durante il suo discorso, in segno di protesta per le parole insultanti usate nei confronti degli «shithole countries» dai quali arriverebbero troppi immigrati negli Stati Uniti.
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