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Dal commercio alla geopolitica, dopo Davos quale sarà il vero…

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i due volti del presidente usa

Dal commercio alla geopolitica, dopo Davos quale sarà il vero Trump?

NEW YORK - Le parole sono risuonate concilianti nella grande sala di Davos. Ma più dei discorsi presto conteranno le azioni. E qui il messaggio al mondo è assai meno chiaro o facilmente rassicurante.

L’intervento di Donald Trump al Forum in Svizzera è stato una compilation delle frasi forse meno controverse della sua presidenza. Hanno dipinto la “sua” America come un Paese aperto al business e innovativo, sostenuto come non mai da riforme delle tasse e delle regolamentazioni. Un Paese a favore del libero scambio purchè sia giusto, di accordi anche con i Paesi del Tpp (Partenariato Trans Pacifico) dal quale si è ritirato. Nell’espressione che ha scandito con enfasi: America First non significa America da sola. Quando gli Stati Uniti crescono, il mondo cresce.

Calato il sipario a Davos, al ritorno alla Casa Bianca Trump dovrà però rispondere con i fatti a un interrogativo di fondo, su un terreno essenziale per la globalizzazione e i rapporti internazionali , interscambio e economia. Se il suo è un cammino foriero di guerre commerciali e rotture, oppure di controllati conflitti “a bassa intensità”, d’una bellicosità in nome di interessi nazionali, magari sul filo del rischio, a volte controproducente e aggravata da inesperienza.

Le opportunità per chiarirlo incombono: dopo i recenti dazi imposti su pannelli solari e elettrodomestici, l’agenda dell’amministrazione entro l’estate è fitta di dispute potenzialmente più gravi, da strappi o revisioni del Nafta a sanzioni su alluminio e acciaio, fino a rappresaglie sulla proprietà intellettuale. In questi e altri casi, la Casa Bianca potrà scegliere corsi più o meno aggressivi, più o meno severi e allargati a partner e avversari.

Uno dei problemi, oggi, è tuttavia proprio nelle parole. L'amministrazione è prona a retorica e gesti contraddittori, che minacciano di diventare essi stessi seri ostacoli alla diplomazia necessaria a governare un mondo interconnesso e interdipendente. Alla vigilia di Davos, Trump ha firmato in pompa magna discutibili dazi e poi negato che ci siano “trade wars”. Ai margini del Forum, prima del tranquillo discorso del presidente, il suo segretario al Commercio Wilbur Ross ha inneggiato agli americani che stanno salendo “sulle barricate”. E quello al Tesoro Steve Mnuchin ha spezzato un tabù del suo Ministero - e innervosito i mercati - incoraggiando l'indebolimento del dollaro come benefico per l'export statunitense. Una domanda resta così in cerca di risposta, più urgente che mai: chi è davvero e che cosa vuole Donald Trump?

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