Fughe in avanti e repentine correzioni di rotta. I toni concilianti usati venerdì dal presidente statunitense, Donald Trump, a Davos, sono un passo indietro rispetto all'aggressività della sua Amministrazione: proprio a Davos il segretario al Commercio, Wilbur Ross, aveva parlato di «truppe Usa arrivate sulle barricate della guerra commerciale» e quello al Tesoro Steven Mnuchin aveva usato sul dollaro termini da “guerra valutaria”.
Ma saranno solo le prossime settimane a rivelare se davvero il mantra del presidente, “America First”, non significhi in realtà “America Alone”, e cioè che gli Stati Uniti alzeranno il livello di protezione dei propri interessi, senza tuttavia cedere alle tentazioni isolazioniste, come Trump ha garantito a Davos.
I dazi, dopo le lavatrici acciaio e alluminio?
La politica commerciale statunitense sembra tuttavia sempre più strutturata su tre pilastri. Quello appena andato in scena con i dazi su lavatrici e pannelli solari, annunciati nel giorno di apertura del World Economic Forum (23 gennaio), è il pilastro della misure di tutela commerciale. Ne potrebbero arrivare altre nelle prossime settimane, come del resto minacciato ormai da mesi. I prossimi prodotti sulla lista sono acciaio e alluminio, sempre in chiave anti-cinese nelle intenzioni, ma con ricadute globali. Di questo pilastro, e Trump la ha detto chiaramente venerdì, nel discorso che ha chiuso i lavori del Wef, fa parte anche la difesa della proprietà intellettuale Made in Usa, sempre dalla “pirateria” cinese, con una serie di iniziative che comprendono anche il blocco delle acquisizioni cinesi di aziende statunitensi (su questo fronte, l’Europa si muove nella stessa direzione).
I trattati: con Messico e Canada banco di prova
Il secondo pilastro è la rivisitazione dei trattati commerciali già firmati dagli Usa sotto le precedenti “fallimentari” amministrazioni, che hanno “svenduto i lavoratori e le imprese Usa”. Al di là delle aperture fatte sulla possibilità di rientrare nella partita della Trans Pacific Partnership, cestinata da Trump appena insediatosi alla Casa Bianca, il banco di prova sarà il Nafta. Il trattato che lega gli Usa a Canada e Messico è in lenta fase di rinegoziazione e i dazi appena annunciati rendono un po’ più credibili le minacce di Washington di uscire unilateralmente dall’intesa, a dispetto dei toni concilianti arrivati da Davos e delle tonnellate di pagine di analisi economiche che dimostrano come un passo del genere sarebbe un boomerang e finirebbe per penalizzare milioni di posti di lavoro anche negli Stati Uniti.
Il progetto: una Wto sempre meno influente
Il terzo pilastro è ridimensionare la World Trade Organization e il suo sistema di risoluzione delle dispute, accusato di non proteggere gli Usa da chi «ruba proprietà intellettuale e si avvale di sussidi». L’assedio è già iniziato: l’organo d’appello è alla paralisi perché da mesi Washington blocca il rinnovo dei suoi membri. Nel quartier generale di Ginevra della Wto, lo scontro con i partner su questo punto si scalda sempre più, anche con quelli che condividono l’idea che l’organizzazione non faccia abbastanza contro la “concorrenza sleale” di Pechino. Al vertice della Wto di Buenos Aires a dicembre, Giappone, Ue e Usa hanno perfino firmato un’intesa a tre per spingere l’organizzazione a fare di più. Uno dei rari momenti di accordo durante un summit finito in un nulla di fatto soprattutto per l’ostruzionismo statunitense.
America verso l’isolamento
Il risultato che si comincia a intravedere, per gli Usa, è che rischiano di ottenere esattamente quello che vogliono e di finire sempre più isolati. Il giorno in cui Trump annunciava i suoi super dazi su lavatrici e pannelli solari, Giappone e Canada dichiaravano di voler stipulare l’intesa commerciale del Pacifico, senza gli Stati Uniti. La Tpp a 11 (Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore, Vietnam) non ha certo la stessa consistenza economica, anche perché molti dei membri sono già legati tra loro da accordi di libero scambio. Il messaggio politico, però è forte.
La Ue, dal canto suo, ha finalizzato a dicembre il negoziato di libero scambio con il Giappone e non sembra lontana dal concludere un accordo con i Paesi del Mercosur (Argentina, Brasile, Uruguay, Paraguay) e con il Messico, il cortile di casa degli Usa. Aspettando di capire se davvero America First non equivale ad America Alone.
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