Come in una storia di intrighi di palazzo, nell'arcipelago delle isole Maldive è arrivata la resa dei conti. O forse è soltanto l'ultimo capitolo di un braccio di ferro che si trascinerà ancora a lungo. Con un'azione senza precedenti, il controverso presidente Abdullah Yameen si è schierato anche contro la Corte suprema del paese ordinando la detenzione di almeno nove eminenti figure dell'opposizione.
Tra le persone arrestate, tra le quali ci sono il capo della Giustizia ed un altro magistrato, spicca il nome del “fratellastro” Maumoon Abdul Gayoom, l'ex presidente delle Maldive ormai ottantenne passato nelle file dell'opposizione, che ha guidato il Paese dal 1978 al 2008, l'anno in cui si svolsero le prime elezioni democratiche nella storia del Paese.
L'ultima escalation tra il Governo e l'opposizione è scattata dopo che la Corte suprema del paese aveva disposto la scarcerazione di alcuni importanti esponenti dell'opposizione, avversari di Yameen. La motivazione: il processo – definito macchiato dalla politica - con cui erano stai condannati per terrorismo era contrario ai principi della Costituzione. Tutto da rifare. Tra le persone condannate, di cui è stata chiesta la liberazione, compare anche l'ultimo presidente, Mohammed Nasheed, in esilio dal 2016 in Gran Bretagna ma che si troverebbe ora a Colombo, la capitale dello Sri Lanka.
Dopo la sentenza della Corte, giovedì scorso, erano subito scoppiati degli scontri nella capitale Malee tra dimostranti e le forze dell'ordine. Il presidente non ha così esitato a dichiarare ieri lo Stato di emergenza. In un discorso televisivo Yameen ha dichiarato di aver agito così per scongiurare un colpo di Stato, accusando i giudici della Corte suprema di essersi schierati a fianco dell'opposizione perché erano anche loro indagati per corruzione.
La Corte Suprema, la cui sentenza ha ricevuto il plauso di buona parte della Comunità internazionale, potrebbe ora procedere per impeachment nei confronti del presidente. È un braccio di ferro. Il ministro della Giustizia ha dato disposizione a tutte le agenzie governative di non adottare provvedimenti in contrasto con i dettami della Costituzione.
Da quando Yameen ha assunto il controllo del Paese, nel 2014, il suo governo è stato spesso oggetto di dure critiche per arresti arbitrari, il tentativo di condizionare l'operato della Giustizia, e la mancanza della libertà di espressione. Da scaltro politico, il persidente Yameen ha instaurato un solido legame commerciale con la Cina, sperando di ottenere in cambio la protezione del colosso asiatico. Pechino ha sempre guardato alle Maldive come uno dei potenziali grandi porti sull'Oceano indiano capaci di incrementare il suo commercio marittimo.
L'ex presidente Nasheed ha chiesto all'India di intervenire. Ma ogni coinvolgimento indiano rischia di alimentare le tensioni e intensificare le rivalità, già in corso, con la Cina. L'ultima volta che l'India era intervenuta negli affari interni delle Maldive risale al novembre del 1988, quando inviò un contingente di truppe speciali appoggiate da unità aeree e navali per sventare un tentativo di colpo di stato messo in atto da un gruppo di dissidenti politici maldiviani con l'appoggio di un gruppo di mercenari tamil del People's Liberation Organisation of Tamil Eelam (storici nemici del Governo indiano).
Nashed ha inoltre chiesto agli Stati Uniti di bloccare le transazioni finanziarie del Governo di Male.
Gli attuali tumulti coincidono con il picco turistico nelle Maldive. Il settore turistico ha generato nel 2016 entrate per 2,7 miliardi di dollari. Una risorsa irrinunciabile per un piccolo arcipelago di 400mila abitanti.
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