La Colombia di Manuel Santos vive una situazione politica 2.0, articolata e complessa. Accordi bilaterali con vari Paesi europei, tra cui l'Italia, integrazione politica degli ex guerriglieri delle Farc (Forze armate rivoluzionarie della Colombia) e monitoraggio del Venezuela, Paese confinante che vive una stagione di grande conflittualità sociale. E per il quale potrebbe esser necessario un “Piano Marshall” da 60 miliardi di dollari. La pacificazione con le Farc dopo una guerra guerreggiata durata quasi sessant'anni, è l'elemento cardine di rilancio del Paese latinoamericano.
Il ministro delle Finanze Mauricio Cardenas pochi giorni fa ha firmato un accordo con l'Italia per evitare la doppia imposizione fiscale. Di che si tratta? «È un'intesa – spiega Cardenas al Sole 24 Ore - mirata a riproporre lo stesso modello bilaterale vigente con altri Paesi europei, la Francia e il Regno Unito. L'obiettivo è facilitare gli investitori e gli esportatori di entrambi i Paesi (Colombia e Italia), fluidificare i movimenti di capitale. Le aliquote applicate ai dividendi sono comprese tra il 5% e il 15 per cento». I principali prodotti esportati dalla Colombia all'Italia sono quelli energetici (34%), banane (32%), caffè (17%), cuoio (4%). L'Italia esporta invece verso la Colombia principalmente macchinari, attrezzature e medicamenti. «Dall'Italia ci aspettiamo una presenza forte in vari settori: energetico, infrastrutturale e di fonti rinnovabili». La produzione di droga resta la principale zona d'ombra dell'economia colombiana e purtroppo nel 2017 ha raggiunto livelli record, proprio nella stagione degli accordi di pace e della ripresa economica. Cardenas spiega questo paradosso «con la transizione in corso e la collaborazione tra governo e Farc nello sradicamento e riconversione delle piantagioni di coca. Qualora le famiglie di contadini non accettino la sostituzione delle coltivazioni, verranno attuate trasformazioni forzose».
I rapporti con il Venezuela, Paese confinante, rappresentano l'altro punto focale della politica internazionale della Colombia, i cui scambi commerciali sono storicamente rilevanti. La gravissima crisi politica ed economica del Venezuela ha già determinato forti tensioni alle frontiere, con migliaia di migranti che ogni giorno varcano le frontiere. «Sono già 550mila i venezuelani entrati in Colombia – spiega Cardenas – e, qualora il presidente Nicolas Maduro perda le elezioni in programma nei prossimi mesi, dovremo essere lì per evitare implosioni e crisi regionali». Gli studi effettuati da alcuni think tank colombiani propongono - secondo Cardenas - una sorta di Piano Marshall per il Venezuela, «quantificabile in 60miliardi di dollari per ripristinare un sistema economico capace di ripartire. Le istituzioni interessate dovrebbero essere queste: il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale e il Caf». Un programma costoso e di grande impatto comunque condizionato, va specificato, al risultato delle elezioni venezuelane. Un'eventuale permanenza di Maduro non lo renderebbe praticabile.
© Riproduzione riservata