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L’altra Via della Seta. La propongono Australia, Usa, India…

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L’altra Via della Seta. La propongono Australia, Usa, India e Giappone

I libri di storia li definiscono banalmente “commerci”, i briefing dei politici in campagna elettorale le chiamano “infrastrutture”.
Da lì partono e arrivano maggiori ricchezze, da lì si consolidano posizioni di potere. La “Via della Seta”, leggendaria ma anche attualissima, ha raccontato il successo della Cina e ancora oggi ne puntella il suo ruolo di superpotenza. Comunque non incontrastabile: le supremazie si avvicendano, come è sempre accaduto nella storia economica. E oggi, a scalfire quella cinese, ci provano Stati Uniti, Australia, India e Giappone, proprio con l'idea di creare un tragitto alternativo. Ad annunciare l'alternativa alla via della seta è stato un premier, quello australiano, Malcolm Bligh Turnbull, che ha annunciato di averne già parlato con il presidente americano Donald Trump. Poi Turnbull, per evitare incidenti diplomatici con Pechino, ha specificato che non si tratta di un «canale rivale», bensì «alternativo».

Meno assertivo il capo di gabinetto del governo del Giappone Yoshihide Suga: «Il mio Paese, gli Stati Uniti, l'Australia e India si confrontano spesso su temi economici condivisi, ma ciò non significa che si debba contrastare la “Via della Seta”, tutto qui». Tuttavia il governo giapponese non nasconde di aver avviato un «high quality infrastructure plan», e una strategia di libero scambio nell'area indo-pacifico.

Intanto il presidente cinese Xi Jinping, procede con il suo maxi progetto, «One belt, one road», definendola un piano condiviso che coinvolge tutti i Paesi dell'area. Roba da 124miliardi di dollari, avallato dal Partito comunista cinese.
Un mega “confronto” tra superpotenze che va in scena anche altrove: qualcosa di simile, a continenti contrapposti, accade in Centro America. Al Canale di Panama, appannaggio degli Stati Uniti, si affiancherà un altro passaggio marittimo: un secondo canale, costruito in Nicaragua, e finanziato con capitali cinesi e orientali, “in progress” da un anno.

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