Un traditore a Mosca; un utile collaboratore a Londra, dove già si suggerisce di boicottare i Mondiali di calcio russi e dove si è riunito il comitato Cobra, i ministri che danno la risposta del governo nelle situazioni di emergenza nazionale. Da tre giorni in rianimazione all’ospedale di Salisbury, Wiltshire, l’ex agente russo Serghej Skripal e la figlia Yulia di 33 anni lottano contro la morte, mentre il laboratorio di ricerca militare di Porton Down - escluso l’utilizzo di materiale radioattivo - è al lavoro sulla sostanza che potrebbe averli avvelenati, prima che padre e figlia venissero trovati domenica pomeriggio accasciati su una panchina, davanti a uno shopping center di Salisbury.
Chi li ha condotti lì? Mark Rowley, il capo della polizia anti-terrorismo, ha confermato mercoledì pomeriggio che la polizia considera quanto avvenuto tentato omicidio con l’uso di un agente nervino specificamente contro l’ex agente russo e la figlia. Rowley non voluto aggiungere dettagli sul tipo di arma chimica usata, un gas nervino come il sarin o il Vx, ma ha definito bassi i rischi per gli abitanti di Salisbury, malgrado sia ricoverato in ospedale anche uno dei poliziotti intervenuti sulla scena dell’incidente domenica. Non sarà facile sapere chi ha introdotto il gas in Gran Bretagna, né se nel Paese se ne trova ancora. La polizia fa appello perché altri testimoni contribuiscano a raccogliere indizi. Finora, quelli che emergono nelle convinzioni espresse su gran parte della stampa portano tutti a Mosca. Ovunque si parla di un nuovo caso Litvinenko.
E il ministero degli Esteri russo, insieme al portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov, ironizza sulla rapidità con cui la misteriosa malattia che ha colpito Skripal è stata fatta risalire dagli inglesi a mani russe, così da far deteriorare ulteriormente le relazioni bilaterali. «Né la polizia né le autorità britanniche - protesta l’ambasciata russa a Londra - ci hanno fornito informazioni ufficiali su questo incidente». E tuttavia i media, senza aspettare conclusioni dagli inquirenti, hanno «immediatamente aperto» una nuova fase della campagna che demonizza la Russia, «creando l’impressione di un’operazione pianificata dai servizi speciali russi, cosa completamente falsa».
Scambio di spie
Ma Serghej Skripal aveva fatto parte dei servizi segreti militari russi (Gru), lasciati nel 1999 con il grado di colonnello. Inevitabilmente il suo caso viene associato a una lunga catena di precedenti - cittadini russi “nemici dello Stato” uccisi in Gran Bretagna - su cui non è mai stata fatta luce completa. Se però le tracce condurranno effettivamente a Mosca, il caso si distinguerebbe dal dramma di Aleksandr Litvinenko perché, come ricorda la stessa vedova, Marina Litvinenko, l’ex agente Skripal - condannato nel 2006 a 13 anni per alto tradimento, l’aver passato all’MI6 britannico l’identità di diversi agenti russi - non aveva disertato, ma nel 2010 era stato graziato e lasciato uscire dalla Russia in cambio del rientro in patria di dieci agenti russi smascherati negli Stati Uniti.
Anche i figli nel mirino
A differenza del marito, dice Marina, Skripal «non attaccava Putin, teneva un profilo basso». «Se l’intelligence russa ha avvelenato Skripal e la figlia - twitta Leonid Bershidsky, editorialista di Bloomberg - significa che anche le spie oggetto di uno scambio non sono off limits». Chi vorrà ora fare scambi con i russi? Si sarebbe passato ogni limite anche colpendo Yulia. Residente a Mosca, aveva raggiunto il padre a Londra per sostenerlo nell’anniversario della scomparsa del figlio Aleksandr, morto in circostanze poco chiare così come la moglie dell’ex colonnello del Gru, e come il fratello maggiore. La morte di Lev Sedov, nel 1938, è l’unico caso sospetto in cui i servizi avrebbero raggiunto anche il figlio di un proprio obiettivo, in questo caso Trotskij.
Per un nazionalista estremista come Eduard Limonov, Skripal resta un traditore della patria. «Potrebbero averlo avvelenato gli stessi britannici - suggerisce - con lo scopo di accusare noi. Oppure, altra ipotesi, potrebbe essere opera di qualche vendicatore privato, cacciatore di traditori». In ogni caso, conclude Limonov, «nessun dispiacere per quel cane di traditore. Sapeva a cosa andava incontro».
Le ragioni di Putin
Chi punta il dito sul Cremlino suppone che Vladimir Putin, alla vigilia delle elezioni del 18 marzo, abbia dato luce verde contro Skripal per rilanciare tra i tanti elettori nazionalisti la propria popolarità in calo. Altri al contrario sospettano un piano architettato da servizi stranieri per screditare ulteriormente il presidente e la Russia agli occhi del mondo. Un’altra ipotesi potrebbe attribuire questo caso al crescente distacco nei confronti del governo che alcuni cremlinologi osservano in Putin. Arrivato al suo ultimo mandato possibile, spiegano, considerato magari già come un’anatra zoppa da sostituire, il presidente potrebbe aver perso il controllo su certi ambienti dello Stato, fazioni rivali in guerra per determinare la successione, oppure semplicemente convinte di poter ormai perseguire i propri piani anche senza aspettare l’approvazione del presidente. Una guerra che sicuramente coinvolge anche l’apparato dei servizi segreti.
Aleksandr Litvinenko
Gli esperti del laboratorio di Porton Down, vicino a Salisbury, sono in lotta contro il tempo: quando Aleksandr Litvinenko venne ricoverato in ospedale, il 1° novembre 2006, ci vollero giorni prima di poter risalire all’isotopo che lo stava uccidendo, polonio-210. Non riuscirono a trovare un rimedio, e l’ex colonnello dei servizi di sicurezza (Fsb) morì il 23, a 43 anni.
Mentre moriva, Litvinenko fece scrivere una lettera in cui accusava Vladimir Putin di aver ordinato la sua morte. Così come negli anni precedenti aveva puntato il dito su Putin per gli attentati che nell’autunno 1999 avrebbero preparato il terreno alla seconda guerra in Cecenia, e all’ingresso di Putin al Cremlino. L’inchiesta dei servizi britannici si concluse con il nome dell’Fsb, che avrebbe «probabilmente» agito su ordine di Putin. Se sul caso Skripal le conclusioni dovessero essere le stesse, oggi si chiede a Downing Street di agire con maggiore determinazione nei confronti di Mosca. Nel 2006, quando il governo inglese si oppose a lungo all’apertura di un’inchiesta per non danneggiare i legami con la Russia, alla guida del ministero dell’Interno era Theresa May.
Boris Berezovskij
Al capezzale di Litvinenko era venuto Boris Berezovskij, il “padrino del Cremlino” ai tempi di Boris Eltsin, entrato poi in rotta di collisione con Putin. Anche lui in esilio in Gran Bretagna, determinato a continuare da lì la sua battaglia contro il presidente russo, sopravvisse pochi anni all’amico. Nel marzo 2013 Berezovskij venne trovato a terra, nel bagno della sua villa nel Berkshire, con una sciarpa attorno al collo. L’inchiesta non riuscì a determinare «al di sopra di ogni ragionevole dubbio» se si fosse trattato di suicidio o di omicidio.
I veleni del Cremlino
Qualche mese prima, nel novembre 2012, Aleksandr Perepelichnyj era morto mentre stava facendo jogging vicino a casa, nel Surrey. Anche in questo caso la polizia si mostrò prudente, negando di avere elementi che giustificassero i sospetti. Ma l’inchiesta venne riaperta quando si scoprì che a uccidere l’imprenditore russo, presente nel suo organismo, era stata una molecola associata al gelsemium, raro estratto da una pianta asiatica, tossica anche in piccole quantità. Perepelichnyj era testimone chiave in un’inchiesta condotta in Svizzera su uno schema di riciclaggio. E nello stesso tempo era testimone nel caso Magnitskij, l’avvocato del fondo britannico Hermitage che morì in carcere nel 2009. Lo avevano arrestato mentre indagava su una frode fiscale orchestrata da funzionari russi, 230 milioni di dollari sottratti al fondo.
Ed era a Londra il bulgaro Georgi Markov, alla fermata dell’autobus sul ponte di Waterloo, quando nel settembre 1978 la punta di un ombrello gli iniettò nella coscia un proiettile grande come la capocchia di uno spillo, contenente la tossina ricavata dal seme del ricino. Markov, giornalista dissidente, dopo aver lasciato la Bulgaria lavorava per la Bbc e Radio Free Europe. I suoi assassini non vennero mai trovati, ma i sospetti sono sui servizi bulgari. Aiutati da quello che allora era il Kgb, predecessore dei servizi attuali. Che Putin, proprio lunedì scorso mentre scoppiava il caso Skripal, ha elogiato per il lavoro compiuto nel 2017. Circa 500 spie smascherate.
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