Se davvero ci sarà, lo scontro tra Stati Uniti e Unione Europea sui dazi avrà la Wto come principale campo di battaglia. È al suo meccanismo di risoluzione delle dispute commerciali (Dsb),infatti, che la Ue dovrà ricorrere contro le barriere eventualmente erette dall’amministrazione Trump su acciaio e alluminio. C’è però un problema. I ricorsi richiedono tempi lunghi, che la Wto forse non ha: il suo “tribunale” rischia di smettere di funzionare già dal prossimo autunno, a causa del boicottaggio degli Usa.
L’iter dei ricorsi alla Wto
Il presidente Usa, Donald Trump, ha annunciato dazi su acciaio e alluminio a tutela della sicurezza nazionale: sono le materie prime dell’industria bellica. In base alle regole della Wto, la Ue (come gli altri membri dell’organizzazione) può avviare un procedimento per dimostrare l’infondatezza della minaccia. Entrerebbe quindi in gioco il Dsb. Supponendo che sia l’organo di primo grado, che quello di appello (Appellate Body) diano ragione alla Ue e poi supponendo che Washington si rifiuti di rispettare il verdetto, la Wto potrebbe allora autorizzare la Ue (e gli altri ricorrenti) a varare misure compensative, vale a dire dazi su esportazioni Usa. Poiché non si tratta di misure punitive, ma appunto di compensazioni, non potranno eccedere il valore del danno subito per effetto dei dazi, vale a dire delle quote di export perse.
Questo iter può richiedere anni, come sottolinea Chad Bown, del Peterson Institute for International Economics, che stima in 2,6 miliardi di dollari il valore dell’export che la Ue rischia di perdere. La Commissione Ue ha, invece, fatto sapere che sta preparando ritorsioni per un valore di 3,5 miliardi di dollari (2,8 miliardi di euro).
La Ue e gli altri Paesi colpiti dai dazi potrebbero però scegliere di seguire una strada più rapida e sostenere che i dazi imposti da Trump siano una «salvaguardia» per tutelare l’industria siderurgica da un balzo dell’import (fattispecie prevista dalle regole Wto). In questo caso, spiega Giorgio Sacerdoti, che tra il 2001 e il 2009 è stato membro dell’organo di appello del Dsb, «si potrebbe chiedere di aprire una consultazione davanti alla Wto per determinare misure compensative del danno all’export così generato. La consultazione deve produrre un accordo in 30 giorni. Senza accordo, gli Stati ricorrenti potrebbero adottare misure compensative equivalenti». È la procedura che la stessa Ue, Cina, Taiwan, Singapore e Corea del Sud avrebbero già attivato in riposta ai dazi su pannelli solari e lavatrici, varati a gennaio dagli Usa. Nel caso dell’acciaio e dell’alluminio gli Usa, tuttavia, eccepirebbero di non essersi mossi sulla base della procedura di salvaguardia, ma a tutela della sicurezza nazionale. A questo punto, però, sarebbero loro a dover ricorrere alla Wto per ottenere la bocciatura delle misure compensative, «con un’inversione dell’onere della prova», conclude Sacerdoti.
Conto alla rovescia
In ogni caso, si dovrà passare dal meccanismo di soluzione delle dispute della Wto, che ha i giorni contati. Gli Stati Uniti boicottano il rinnovo dei membri del suo organo di appello dall’estate del 2017. Questa “corte” è composta da sette membri e si riunisce in comitati giudicanti di tre giudici. Attualmente sono rimasti in carica quattro giudici, che fanno già molta fatica a smaltire la mole di ricorsi. A settembre di quest’anno scadrà il mandato di un altro membro, lasciandone in attività solo tre, il numero minimo per operare. Già in queste condizioni, l’organo non potrà più emettere verdetti qualora uno dei suoi giudici venga ricusato perché ritenuto non imparziale. A dicembre del 2019 scadranno altri due giudici: se gli Usa continueranno a boicottare il rinnovo, sarebbe la paralisi.
«Con il senno di poi, verrebbe da pensare che il blocco dell’organo di appello della Wto fosse voluto proprio in vista di queste misure che si stanno annunciando e varando», afferma Sacerdoti. «La paralisi - aggiunge - favorisce chi viola le regole della Wto, perché quantomeno dilaziona i tempi di una eventuale condanna».
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