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Giappone: Abe in difficoltà ma le dimissioni si allontanano

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Tokyo subisce i dazi di Trump su acciaio e alluminio

Giappone: Abe in difficoltà ma le dimissioni si allontanano

La stagione 2018 della fioritura dei ciliegi rappresenta tempi difficili per il premier giapponese Shinzo Abe. Non solo è stato “schiaffeggiato” da Donald Trump – che non ha esentato il Giappone dai dazi su acciaio e alluminio, a differenza di quanto deciso per altri alleati – ma deve subire le conseguenze politiche di uno scandalo di presunto favoritismo che, dormiente per molti mesi, è tornato a infiammare l'opinione pubblica e a tenere banco in parlamento. Così, secondo alcuni sondaggi, la popolarità del premier è calata fin sotto il 40%, mentre l'opposizione chiede da tempo le sue dimissioni, assieme a quelle del suo vicepremier e ministro delle Finanze Taro Aso.

Lo scandalo. Oggi, però, il premier ha avuto un punto a suo favore che allontana uno scenario di crisi di governo. In una testimonianza giurata presso una commissione della Camera Alta, Nobuhisa Sagawa – ex capo della National Tax Agency, dimessosi all'inizio di questo mese per assumersi la responsabilità dello scandalo – ha negato che Abe, sua moglie Akie e Taro Aso siano coinvolti nell'alterazione di documenti pubblici relativi alla vendita sottocosto di un

terreno di Osaka a un operatore scolastico nazionalista, Moritomo Gakuen. Il ministero delle Finanze aveva ammesso il 12 marzo la falsificazione della documentazione. Il responsabile di Moritomo Gakuen (finito l'anno scorso in carcere) aveva invece anche di recente accusato lo stesso Abe e soprattutto sua moglie Akie, di cui l'opposizione continua a chiedere la convocazione davanti al Parlamento. Molti parlamentari avversi al governo ritengono che su Sagawa siano state fatte pressioni politiche. La Borsa di Tokyo ha reagito positivamente all'audizione di Sagawa, in quanto sembra allontanare la prospettiva di dimissioni di Aso o di Abe. L'indice Nikkei ha messo a segno un rialzo del 2,2 per cento.

Lo schiaffo di Trump. Abe si era proposto di blandire il nuovo presidente Usa fin dal momento della sua elezione. Era stato lestissimo ad andarlo a trovare, avviando una sorta di “diplomazia del golf” venduta all'opinione pubblica nipponica come un rapporto speciale. Abe era stato attento a non contrariare mai Trump, assecondandone i mutevoli umori fino a esserne spiazzato. Ad esempio, nei confronti della Corea del Nord aveva più che avallato la linea dura del presidente, per poi esser costretto a ricalibrare il suo atteggiamento fino a ventilare che egli stesso desidererebbe un incontro con il leader nordcoreano Kim Jong-un. Ma l'apparenza di una diplonazia vincente basata su buone relazione personali è naufragata sugli scogli della nuova politica commerciale dell'Amministrazione Usa. Il Giappone si è ritrovato sottoposto a dazi su acciaio e alluminio – in compagnia della Cina - anche se Washington ha esentato temporaneamente dalla misura punitiva tutti gli altri suoi alleati. Non solo. Trump ha persino scherzato in modo pesante su Abe in dichiarazioni rilasciate certo a uso e consumo interno, ma assai poco diplomatiche. «Parlerò con il primo ministro Abe e altri; great guy, mio amico. Avranno un lieve sorriso sul loro volto. E il sorriso è: Non posso credere di aver potuto per così tanto tempo approfittarmi degli Stati Uniti – ha detto Trump nei giorni scorsi – Questi tempi sono finiti».

Alti rappresentanti del governo giapponese hanno definito estremamente spiacevole la mancata esenzione e sottolineato che faranno il possibile per ottenerla nel prossimo futuro. Gli argomenti non mancano. L'acciaio nipponico non rappresenta certo un problema di sicurezza nazionale Usa. L'export di 1,8 milioni di tonnellate l'anno verso gli Usa è soprattutto di alta qualità, difficilmente sostituibile: i produttori giapponesi, in questo senso, dovrebbero restare relativamente competitivi. Quelli coreani potranno continuare a esportare acciaio e alluminio negli usa senza dazi, almeno fino al 70% dell'ammontare corrente, secondo i termini del rivisto accordo di libero scambio bilaterale con gli Usa.

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