Le porte del carcere possono aprirsi per Luis Inacio Lula Da Silva, il politico più popolare del Brasile e il favorito nei sondaggi per le presidenziali dell'ottobre prossimo, condannato a 12 anni per corruzione: il Supremo Tribunale Federale (Stf) ha infatti respinto una richiesta di habeas corpus presentata dagli avvocati del leader del Partito dei Lavoratori (Pt).
Come previsto, la decisione è stata presa con la più ridotta delle maggioranze possibili: è stato il voto a sorpresa della magistrata Rosa Weber che ha spostato la bilancia a sfavore di Lula, nel corso di un dibattito durato più di dieci ore.
L'ex presidente chiedeva che fosse sospesa la pena di 12 anni - inflittagli in appello dopo una condanna a nove anni in primo grado - per corruzione passiva
e riciclaggio, per dare tempo ai suoi legali di esaurire ogni possibile ricorso contro la sentenza. La risposta è stata negativa, per 6 voti contro 5.
Sebbene l'hashtag #LulaPresoAmanha (Lula in carcere domani) abbia scalato la classifica su Twitter durante la giornata, è poco probabile che l'ex presidente sia arrestato nelle prossime ore. I suoi avvocati hanno tempo fino al 10 aprile per presentare un ricorso contro la decisione del Tsf.
La sentenza segna però un duro colpo per Lula e per il Pt, che deve cominciare a preparare una candidatura alternativa per le presidenziali, mantenendo però alta la bandiera del suo leader, che continua a proclamare la propria innocenza mentre i suoi compagni lanciano un nuovo slogan: “Lula vale la lotta!”.
La decisione del Tribunale supremo federale ha anche un impatto immediato sulla crescente polarizzazione dell'opinione pubblica brasiliana: per alcuni Lula è il simbolo della corruzione politica, per altri è un eroe popolare vittima
di una cospirazione golpista.
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