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Bruxelles prepara nuove regole contro la «dittatura di Amazon»

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LA PROPOSTA in commissione

Bruxelles prepara nuove regole contro la «dittatura di Amazon»

Un magazzino Amazon (Ap)
Un magazzino Amazon (Ap)

Una «rete di sicurezza» nell’era della digital economy. Per non fare schiacciare le Pmi dai colossi dello shopping digitale, oggi liberi di influenzare le entrate di milioni di aziende con una modifica ai propri algoritmi o la riscrittura improvvisa delle policy di utilizzo.

La Commissione europea, istituzione che fa da motore legislativo della Ue, ha introdotto la proposta di nuove regole per creare un mercato «giusto, trasparente ed equo» intorno a imprese e rivenditori attivi sulle «piattaforme di intermediazione»: i famosi marketplace dove si possono acquistare e vendere prodotti, dagli elettrodomestici ai biglietti aerei.

Come riepiloga la stessa Commissione, le norme andranno a tutelare «hotel, rivenditori, sviluppatori di app e altre aziende che dipendono dai motori di ricerca per attrarre traffico internet sui propri siti». Anche se nella bozza del regolamento non se ne fa menzione, è facile intuire quali siano gli obiettivi di fondo: piattaforme come eBay, Google e sopratutto Amazon, il gigante dell’e-commerce che veicola anche in Europa gli affari di migliaia di imprese. A quanto è emerso finora, i legislatori europei sperano che il regolamento venga discusso da Parlamento e Consiglio dei ministri a inizio 2019, per diventare applicabile dall’autunno dello stesso anno.

Più trasparenza, sportelli per le lamentele e un «Osservatorio europeo»
A ispirare la proposta di regolamento sono le difficoltà vissute dalle aziende europee quando si tratta di monetizzare la propria attività di e-commerce, le vendite online che passano in larga parte per i motori di ricerca di Amazon o Google Shopping. Secondo dati di un recente Eurobarometro, un report della Commissione europea, il 50% delle aziende dice di essersi imbattuta in qualche ostacolo. Il 38% delle imprese si lamenta del fatto che i problemi sulle relazioni contrattuali sono rimasti irrisolti, mentre il 26% è riuscito a venirne a capo «con una certa difficoltà». Il tutto per una perdita sulle vendite stimata fra gli 1,2 e i 2,3 miliardi di euro: noccioline per multinazionali che fatturano quasi 178 miliardi di dollari l’anno (Amazon), ma un buco significativo nei bilanci del milione abbondante di imprese europee che dipendono dalle transazioni online.

Nel concreto il regolamento dovrebbe vertere su alcuni punti fermi come trasparenza e gestione della lamentele. Sul fronte della trasparenza si chiede agli «intermediatori online» di spiegare il trattamento dei dati e su che basi prodotti o servizi vengono indicizzati (posizionati sulla pagina in maniera più o meno visibile). Sul tema del rapporto con le imprese si chiederà alle piattaforme di creare sistemi interni di «trattamento dei reclami», rispondendo ai rivenditori con la stessa premura riservata ai clienti. Magari con l’aggiunta di organismi terzi di mediazione e di associazioni di categoria che rappresentino i business dediti all’e-commerce. La Commissione ipotizza anche un «Osservatorio europeo» per monitorare l’impatto delle nuove regole, facendo da filo diretto con le istituzioni su crisi e fragilità dell’impianto legislativo dell’economia digitale.

La battaglia della Ue contro i colossi tech
È la stessa Commissione a rivendicare i risultati già incassati nel contrasto agli abusi di mercato. A fare notizia è stata soprattutto la maxi-multa da 2,4 miliardi di euro inflitta nel 2017 alla controllante di Google, Alphabet, per aver favorito i «suoi» prodotti sul servizio di ricerca Google Shopping. Ma i tentativi di regolamentazione di un settore ancora indefinito, come l’economia digitale, stanno diventando un benchmark anche al di là degli elementi più punitivi. La proposta di un regolamento ad hoc per l’e-commerce arriva a meno di un mese dall’applicazione della Gdpr, il regolamento sui dati che sta costringendo le multinazionali del Web a rivedere le proprie policy per evitare sanzioni fino al 4% del proprio turnover annuo. Che potrebbero scattare, neppure a dirlo, anche per Amazon.

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