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Brexit, May pronta a cedere ai falchi nel governo sull’unione doganale

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barnier di nuovo sulle barricate

Brexit, May pronta a cedere ai falchi nel governo sull’unione doganale

Il ministro britannico per l’Uscita dall’a Ue David Davis ,fra  i falchi del governo guidato da Theresa May
Il ministro britannico per l’Uscita dall’a Ue David Davis ,fra i falchi del governo guidato da Theresa May

LONDRA - Theresa May è pronta a rimettere tutto in discussione su uno dei punti più controversi nelle trattative per la Brexit. La premier britannica ha dichiarato oggi in Parlamento che la sua posizione sulla cruciale questione dell'unione doganale è «in continua evoluzione» e che non ci sono solo due soluzioni, «ma diversi modi di procedere».

Alla riunione del war cabinet, il Consiglio di gabinetto di 11 ministri chiave oggi, si prevede quindi che la premier prenderà tempo e cercherà soluzioni alternative per evitare una crisi di Governo e un possibile voto di fiducia. Fino a oggi invece la May era a favore di una cosiddetta «partnership doganale» con la Ue, un compromesso che prevede una stretta collaborazione con Bruxelles dopo Brexit. Le autorità britanniche riscuoterebbero dazi e tariffe per conto della Ue in Irlanda. Il vantaggio di questa soluzione, secondo il Governo britannico, è che potrebbe risolvere il problema del confine tra le due Irlande eliminando la necessità di controlli alla frontiera inglese, esclusi sia da Londra che da Bruxelles che da Dublino perché considerati un pericolo per la pace.

La partnership doganale è sostenuta dal cancelliere dello Scacchiere Philip Hammond e aveva l'approvazione dell'ex ministro dell'Interno Amber Rudd, che ha dato le dimissioni questa settimana. Non è chiaro quale sia la posizione a riguardo del suo successore, Sajid Javid, che al contrario della Rudd non è uno stretto alleato della premier.

Il problema è che l'idea della partnership non piace per niente al fronte pro-Brexit. Stamani lo European Research Group, un gruppo di oppositori della Ue ha consegnato alla May un documento che critica la proposta e chiede alla premier di non procedere. La partnership doganale secondo loro renderebbe la Gran Bretagna un “vassallo” di Bruxelles e impedirebbe a Londra di siglare accordi commerciali autonomi con Paesi terzi.

Il gruppo raccoglie una sessantina di deputati conservatori ma soprattutto può contare sul sostegno di alcuni potenti ministri come Liam Fox (Commercio estero), David Davis (ExEu), Michael Gove (Ambiente) e Boris Johnson (Esteri). La loro guida, il deputato ultraconservatore Jacob Rees-Mogg, nega che il documento sia un ultimatum alla May, ma di fatto sa bene che la premier, già indebolita dalle dimissioni della Rudd e di altri tre ministri in meno di un anno, non può permettersi una ribellione interna che potrebbe portare a un voto di fiducia.

L'alternativa alla partnership doganale, preferita dai sostenitori di Brexit, è la soluzione tecnologica, definita “maximum facilitation” o “max fac” in breve. La proposta è quella di uscire del tutto dall'unione doganale ma garantire il confine aperto in Irlanda grazie a un monitoraggio telematico invisibile.

C'è un altro problema: come spesso succede, presi dai loro contrasti i politici inglesi fanno i conti senza l'oste, in questo caso Michel Barnier. Il negoziatore capo Ue infatti ha più volte dichiarato che nessuna delle due proposte britanniche sul tavolo è realistica o accettabile. La partnership doganale è considerata troppo complessa da gestire e la “max fac” semplicemente fantasiosa.

L'opzione preferita dalla Ue, e sostenuta anche da numerosi deputati di Governo e opposizione, è che la Gran Bretagna resti nell'unione doganale anche dopo Brexit, ma la May lo ha escluso perché politicamente inaccettabile.

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