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In Russia rispettare le sanzioni diventa reato

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la risposta agli usa

In Russia rispettare le sanzioni diventa reato

Il ponte che collega la Crimea alla costa russa del Mar Nero è diventato uno dei simboli del confronto tra la Russia e l’Occidente
Il ponte che collega la Crimea alla costa russa del Mar Nero è diventato uno dei simboli del confronto tra la Russia e l’Occidente

«Non si può rispondere alle sanzioni bombardando Voronezh. Le misure di ritorsione devono essere attuate con grande prudenza, per non colpire gli interessi dell’industria russa». Così, con le parole di Viktor Kladov, dirigente del conglomerato Rostech, l’espressione “bombardare Voronezh” - a indicare una città russa qualunque - è diventata sinonimo di “autogol”: ovvero i provvedimenti di cui era costellato il primo disegno di legge con cui la Duma, il mese scorso, si apprestava a reagire all’ultima offensiva di Washington, le severe sanzioni annunciate il 6 aprile contro un gruppo di oligarchi e le loro compagnie. La risposta prevedeva restrizioni all’import in Russia di prodotti americani, tra tecnologie e farmaceutica, ma anche all’export negli Stati Uniti di metalli come il titanio: cosa che avrebbe messo in difficoltà acquirenti come Boeing ma anche il suo principale fornitore, la russa VSMPO-AVISMA.

Queste misure sono dunque sparite dalla nuova versione del bill che la Duma discuterà da qui al 22 maggio. Al loro posto, una sorpresa: l’ipotesi di reato punibile con la reclusione fino a quattro anni o con multe fino a 600mila rubli(più di 8.000 euro) per chi osserverà le sanzioni, assecondando la decisione degli Usa o di un altro Stato straniero. Questa norma, commenta Armando Ambrosio, resident partner a Mosca dello Studio legale De Berti Jacchia, «è una novità dell’ultima ora: la definirei una norma antiterrorismo, di un antiterrorismo diverso però rispetto a quello abituale, nel senso che è diretta a incidere sull’effetto psicologico derivante dalla disinformazione che accompagna il regime delle sanzioni adottate da Stati Uniti ed Europa nei confronti della Russia, che hanno creato un clima di “terrore” per cui, nel dubbio, nessuno osa far nulla per paura di incappare nelle sanzioni. In pratica le imprese occidentali, soprattutto quelle che hanno interessi negli Stati Uniti, preferiscono rimanere inerti, si rifiutano di portare a termine gli affari».

Dall’anno delle prime sanzioni americane ed europee decise contro la Russia in seguito alla crisi ucraina, nel 2014, l’incertezza sul quadro normativo ha infatti colpito le relazioni economiche bilaterali ben oltre la sfera specifica delle restrizioni. È la spirale che la legge allo studio a Mosca - che, per entrare in vigore, dovrà ottenere l’approvazione dei due rami del Parlamento e la firma di Vladimir Putin - si propone di far saltare introducendo una variabile potenzialmente esplosiva: che di fatto mette tra due fuochi una società, interessata sia al mercato americano che a quello russo, e che sarà costretta a chiedersi come comportarsi trovandosi tra un regime sanzionatorio e una responsabilità penale.

Una delle grandi novità delle ultime sanzioni americane alla Russia (ma anche di quelle che riguarderanno l’Iran) è infatti la loro extraterritorialità, che intende colpire anche società non americane, ma con una presenza da salvaguardare negli Usa. «È come se la Russia volesse chiedere: tu da che parte stai? - aggiunge Ambrosio -. Le imprese devono prendere posizione». E nel caso in cui non esiste un divieto, almeno dal punto di vista russo non ci si potrà più tirare indietro dicendo: «Ci sono le sanzioni, meglio non rischiare».

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