Tagliare di circa il 10% le esportazioni di alluminio e di acciaio Ue verso gli Stati Uniti. Sarebbe questo il piano del presidente americano Donald Trump, che conferma lo scetticismo espresso ieri da Cecilia Malstroem: la commissaria al Commercio aveva spiegato che a Washington potrebbero non bastare le proposte fatte da Bruxelles per essere esonerata in modo permanente dai dazi sui metalli (scattati il 23 marzo scorso per la gran parte delle nazioni incluse Cina e Giappone).
C'è tempo per negoziare fino al primo giugno ma «ci sono segnali dagli Usa che l’esenzione non sarà prolungata» come successe all’ultimo minuto prima della scadenza del primo maggio scorso. Stando a una ricostruzione del Wall Street Journal, gli Stati Uniti hanno proposto due opzioni al blocco di 28 nazioni europee. La prima è un limite pari al 90% delle importazioni di acciaio e alluminio Ue fatte dagli Usa nel 2017. La seconda è un mix di dazi e quote con cui l’amministrazione Trump punterebbe appunto a ridurre le esportazioni Ue dei due metalli del 10 per cento.
L'amministrazione Trump non ha mai nascosto la sua preferenza per le quote, come dimostrato dalla soluzione raggiunta con la Corea del Sud (la prima nazione ad avere negoziato un nuovo accordo commerciale che include anche la questione dell'acciaio). I dettagli e la portata delle quote che gli Usa hanno in mente per l’Ue restano però un mistero. Bruxelles ha preparato ritorsioni che prendono di mira prodotti made in Usa nel caso i dazi controversi entrino in vigore ma non è chiaro come reagirebbe all’introduzione di quote, che potrebbero essere giudicate illegali nell'ambito dell'impianto normativo dell'Organizzazione mondiale del commercio.
Zte stima in oltre tre miliardi di dollari le perdite dal divieto Usa
Sempre in ambito di guerre commerciali, il gigante cinese della telefonia Zte stima in almeno 20 miliardi di yuan (3,1 miliardi di dollari) le perdite causate dal divieto all’acquisto di chip e altri pezzi tecnologici Usa deciso dal Dipartimento del Commercio americano ad aprile, fondamentali per produrre smartphone e apparecchiature applicate alle tlc. Il gruppo cinese, le cui azioni sono sospese da oltre un mese alle Borse di Hong Kong e Shenzhen, è fiducioso nella svolta grazie ai segnali positivi che vengono da Washington al punto da avere già pronto, ha riportato Bloomberg, il piano per far ripartire gli impianti nel giro di poche ore dal via libera Usa. Molte operazioni sono state infatti bloccate per la mancanza di componenti chiave, come i chip di Qualcomm. Zte ha violato gli accordi siglati con il Dipartimento del Commercio per sanare la vendita proibita di beni sensibili a Iran e Corea del Nord. Ieri, il presidente Donald Trump, ricevendo alla Casa Bianca il presidente sudcoreano Moon Jae-in, ha spiegato di stare riconsiderando il blocco come favore al presidente Xi Jinping, anche se manca ancora un accordo.
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